martedì 14 febbraio 2012

Imprenditori veneti complici dei casalesi: «Evasioni fiscali e truffe con la camorra»

Coinvolte aziende di Padova, Treviso, Venezia, Vicenza,
Verona e Rovigo: «Niente contributi, poi dividevamo gli utili»



Molti degli imprenditori veneti che oggi figurano come vittime di minacce ed estorsioni da parte clan dei casalesi potrebbero essere stati complici in numerose truffe ed evasioni fiscali insieme al gruppo criminale che prestava loro denaro per evitare il fallimento.

A raccontarlo agli inquirenti è stato Mario Crisci, il trentaquattrenne napoletano ritenuto il capo della presunta associazione per delinquere di stampo mafioso sgominata lo scorso anno dalla Direzione investigativa antimafia di Padova con l’arresto di 27 persone, accusate di usura, estorsione, sequestro di persona, lesioni, danneggiamento, ai danni di oltre 50 piccoli imprenditori, artigiani ed esercenti della Riviera del Brenta, Padova, Vicenza, Rovigo, Verona e Treviso. Nel corso di un interrogatorio sostenuto davanti al pm Roberto Terzo, Crisci ha dichiarato che molti di loro, pur di ottenere in prestito il denaro necessario per proseguire la propria attività in difficoltà, avevano accettato il "piano" dal gruppo criminale: ovvero la loro azienda avrebbe smesso di pagare imposte, contributi previdenziali e gran parte dei fornitori, impegnandosi a fine anno, a consegnare alla "banda" un terzo del guadagno.

Se le circostanze fossero confermate, per questi imprenditori si prospetta un’inchiesta penale per gravi reati: il pm Terzo trasmetterà gli atti alle procure competenti per accertare se e quali illeciti siano stati commessi.

Nel frattempo il magistrato veneziano ha chiesto il rinvio a giudizio e Crisci e di altre 26 persone, gran parte di origine campana (ma anche 5 padovani, 3 veronesi, 2 vicentini e un rodigino), con l’accusa di associazione per delinquere: l’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 9 marzo davanti al gup Giuliana Galasso. Gli episodi di usura ed estorsione sarebbero stati commessi in tutta la regione tra il 2009 e l’aprile del 2011.
L’attività illecita si sarebbe svolto dietro il paravento della Aspide srl, società con sedi a Padova e nel Trevigiano, ufficialmente specializzata in security e recupero credito, che si sarebbe occupata principalmente di prestiti a tassi usurai. Minacce e indimidazioni erano all’ordine del giorno per riscuotere le rate non versate o in ritardo e per ottenere la restituzione del capitale, come confermato da numerosi imprenditori ascoltati in qualità di testimoni.

Ma, stando a Crisci, molti di loro non sarebbero vittime inconsapevoli: per salvare la propria azienda avrebbero accettato di commettere gravi illeciti penali. Ora spetta ai magistrati verificare questa ipotesi che getta una luce inquietante su molte piccole imprese della regione.

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