mercoledì 29 febbraio 2012

Fabrizia Argentieri in realtà è FABRIZIO DELL'OREFICE



Svelato l'arcano. Autore dell'articolo che tanto ha fatto arrabbiare Napoli è "niente-popo-di-meno-che" FABRIZIO DELL'OREFICE, che già l'anno scorso pubblicò un articolo dello stesso livello e stavolta ha voluto cambiare sesso.


p.s. FABRIZIA SEI VERAMENTE BONA!

martedì 28 febbraio 2012

Avvocati mediatori? Meglio la conciliazione davanti ad un caffè!

Avvocati mediatori? No, tempo perso e mi spiego - da comune cittadino - a un anno dall'entrata in vigore. E' meglio che le parti contraenti s'incontrino ad un tavolino di un bar, con un buon caffè servito da un cameriere. Il clima è certamente più sereno. Il luogo è in campo neutro. Se i contraenti sono disponibili alla conciliazione, si fanno quattro chiacchiere, e se è il caso, possono dire al cameriere "senta buonuomo lei cosa ne pensa....". Gli unici interessi in campo sono i loro: non ci sono avvocati pronti a consegnare ai clienti le loro parcelle, non ci sono le fatture dei periti chiamati dagli avvocati perché loro non vanno oltre la "lettura" dei 4 codici, ecc. ecc. Perché nessuna fiducia nel nuovo istituto della mediazione? Semplice, sta finendo per diventare il solito magna-magna di un nuovo sottobosco dell'ambito legale. E' di mia conoscenza un contenzioso sulla proprietà di un muro di un edificio confinante con un cortile appartenente a diverso proprietario. Prima di esporre le reciproche concessioni o negazioni, anche per evitare grossolane pretese delle rispettive parti della controversia, all'avvocato-mediatore è stato chiesto un parere, preliminare, in merito agli articoli 880 e 881 c.c. Risposta: "Io non faccio consulenze". Ecco, questo è un esempio del pessimo utilizzo se non dell'inutilità dell'avvocato-mediatore! Eppure nel sito ho appena letto: .....L'impegno congiunto che si richiede a tutti i protagonisti è forte: riappropriarsi di un ruolo, di una responsabilità pubblica con l'offerta di una Giustizia alternativa, complementare e sussidiaria che funzioni..... .....In base alle indicazioni fornite dal consiglio nazionale forense l'avvocato che vuole assumere la funzione di mediatore, deve garantire una "adeguata competenza" che non consistono solo nella dimestichezza con le regole e le tecniche di mediazione ma anche nella capacità di evitare pregiudizi per i cittadini che possono discendere "dalla scarsa conoscenza o valutazione degli elementi loro offerti per chiudere o no l'accordo di mediazione"..... O devo concludere che nel caso riportato è stato scelto un pessimo conciliatore? Se così non è, domando quali sono i possibili "strumenti" per evitare il fallimento della conciliazione (con relativi tempi e costi) verificando, per esempio, la competenza del conciliatore? SERENELLA SERRA".

Cara Serenella, sono talmente alle prese con i miei dubbi in tema di mediazione finalizzata alla conciliazione, che non sono in grado di aiutarTi a risolvere i Tuoi; l'unica cosa che posso constatare è che hai uno stile di scrittura da Dea! Dico sul serio, la Tua penna scorre. Ti qualifichi al maschile "comune cittadino" ma dovresti cimentarTi in qualcosa di creativo.
(28/02/2012 09:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani

Tratto da: Avvocati MEDIATORI - Meglio la CONCILIAZIONE avanti a un caffè secondo la lettrice Serenella SERRA
(Fonte: StudioCataldi.it)

lunedì 27 febbraio 2012

Da Il Tempo scuse di circostanza.

Con un articolo di circostanza, IL TEMPO tenta di risolvere la querelle su Fabrizia Argentieri, ma, così facendo, finisce per fare anche peggio. Due considerazioni:
a) se nessuno ha colto il senso dell'articolo contestato, è giusto ribadire che la giornalista Argentieri non sa scrivere in italiano e, dunque, la sig.ra Argentieri non dovrebbe pubblicare articoli, ma solo consultare un vocabolario sulla lingua di Dante.

b) Chiunque abbia scritto l'articolo riportato sotto mostra la stessa stupidità della Argentieri: la grandezza dei BORBONE (al singolare, cribbio!) sarebbe tutta riassunta nel treno Napoli-Portici? Suvvià, chiunque tu sia, leggiti un bel libro di storia: scoprirai secoli di civiltà giuridica, culturale e imprenditoriale sulla terza potenza mondiale. O vogliamo dire che l'impero romano fu nei forni a legna?



Il Tempo: ”Dispiace non sia stato capito il senso dell'articolo” Il Tempo corregge il tiro e dopo le polemiche scatenatesi nelle ultime ore per l'articolo a firma di Fabrizia Argentieri , apparso all'indomani di Napoli-Chelsea, il quotidiano romano ha pubblicato questa mattina un editoriale dal titolo "Quando Napoli sconfigge gli stereotipi" a firma di Giuseppe Sanzotta, per provare a spiegare l'accaduto ed il senso delle parole scritte dalla Argentieri. Ecco un estratto saliente:

"Goethe riferiva che l'avevano avvertito prima di arrivare a Napoli che avrebbe trovato 30, 40 mila oziosi. Niente di più sbagliato, scrisse dopo la visita. Ma non fu il solo a innamorarsi della città. È nel cuore di scrittori e intellettuali di tutto il mondo. Elsa Morante la definiva «la vera regina delle città, la più signorile, la più nobile. La sola vera metropoli italiana». Non è da meno Stendhal che sentenziava: «La città più bella dell'Universo». Già, ma allora perché tanti luoghi comuni? Perché gli italiani, e non solo loro, sono stati più impressionati dai cumuli di spazzatura che dalla bellezza di Castel dell'Ovo. Non sanno cosa sia Marechiaro o la straordinaria bellezza del Golfo. Perché si parla più di camorra che della grande tradizione culturale di quella città. I Borboni nei libri di storia vengono descritti solo come sanguinari fannulloni. Ma si dimentica anche che la prima linea ferroviaria italiana fu la Napoli-Portici nel 1839.

Eppure su Napoli e i napoletani continuano gli stereotipi. Proprio a quelli si riferiva l'articolo del 23 febbraio, dopo la splendida vittoria contro i ricchi signori del Chelsea. Dispiace che qualche lettore non abbia capito che le offese riportate non erano altro che una descrizione di quei luoghi comuni di chi, forse per invidia, per pochezza culturale, per aridità, rivolge a Napoli e ai napoletani. Non certo il pensiero del cronista e tanto meno de Il Tempo. Così vogliamo elogiare, vantare il grande orgoglio di Napoli e della sua gente. Quella vittoria calcistica è il trionfo di una città e dell'intera nazione. I ricchi arabi e russi sono stati sconfitti. I loro soldi non sono bastati a battere il cuore e l'orgoglio. Vedendo la resa dei londinesi ci siamo sentiti tutti napoletani. Perché Napoli è uno splendido biglietto da visita dell'Italia tutta"

101 esponenti del PD indagati per corruzione (FABRIZIO RONDOLINO)

Se i sondaggi dicessero la verità e se ieri si fosse votato per il rinnovo del Parlamento, oggi Pier Luigi Bersani sarebbe a palazzo Chigi e il Pd avrebbe la maggioranza dei seggi. Interrogarsi sulle violazioni di legge più o meno gravi che vengono imputate a questo o a quel dirigente del Pd non significa dunque imbracciare il giustizialismo per favorire un’altra parte politica, né accanirsi su una forza marginale o sconfitta, ma chiedere al presidente del Consiglio in pectore di rassicurare gli italiani.
Se davvero vuol essere un candidato credibile per Palazzo Chigi, Bersani non può più nascondersi dietro la propaganda: lo esigono non i suoi avversari, ma i suoi elettori.

Bufera su Genova, quanti pm attorno alla Vincenzi / Federico Casabella
La scorsa settimana, subito dopo aver scritto due lettere al Corriere e al Fatto per rispondere ad alcune obiezioni sull’inchiesta che coinvolge Filippo Penati, il segretario del Pd ha repentinamente cambiato linea: i giornali, anziché essere il luogo dove liberamente si confrontano i politici e l’opinione pubblica, sono improvvisamente diventati il motore della «macchina del fango». La propaganda ha avuto la meglio sulla chiarezza, e poiché il Pd non se la sente di incolpare i magistrati, per esempio sollevando un dubbio sulla sospetta coincidenza di tante inchieste vecchie e nuove proprio quando le elezioni anticipate sembrano vicine, volge i suoi strali contro i giornali, la cui unica colpa (o merito) è pubblicare quello che le Procure forniscono loro.
È un trucco antico: l’attenzione si sposta su un avversario riconoscibile e cattivissimo (i media vicini a Berlusconi), e così si occulta la cosa in sé, cioè le inchieste e i reati contestati. Il Giornale qualche volta potrà pure esagerare nei titoli e negli aggettivi, come del resto spesso esagerano nella direzione inversa i giornali di centrosinistra, ma quel ch’è certo è che le inchieste non se l’è inventate la «struttura Delta», ma i magistrati tanto coccolati dal Pd.
L’elenco pubblicato dall’ultimo numero di Panorama - che sarà pure di proprietà di Marina Berlusconi, ma che qui si limita a mettere insieme fatti già noti - è impressionante: sono oltre un centinaio in tutta Italia (e soprattutto nelle Regioni dove governano) i democratici coinvolti a vario titolo - dall’avviso di garanzia al rinvio a giudizio alla condanna - in inchieste per reati di corruzione, abuso d’ufficio, peculato, falso, truffa, turbativa d’asta e via elencando.
Parte di questi reati, come sanno bene gli amministratori locali di ogni partito, sono frutto di una legislazione farraginosa e di una giurisdizione barocca: si può essere condannati per abuso d’ufficio soltanto per aver accelerato una pratica urgente e necessaria. In altri casi (impressionante quello dell’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco) si tratta di un clamoroso errore giudiziario (se non peggio). Ma, fatta la debita tara, il problema resta, ed è di primaria grandezza.
Dall’ex sindaco di Bologna Flavio Delbono all’ex governatore della Calabria Agazio Loiero, dagli ex sindaci di Napoli Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino all’ex governatore dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti, l’elenco degli amministratori del Pd costretti a trovarsi un avvocato sta diventando imbarazzante.
Le ultime inchieste - sull’Enac (l’ex responsabile dei trasporti aerei Franco Pronzato ha già patteggiato, riconoscendosi dunque colpevole), su Enzo Morichini e i suoi rapporti con la Fondazione Italianieuropei, e infine sull’ex coordinatore della segreteria di Bersani, Filippo Penati - non segnano dunque una discontinuità ma, al contrario, sembrano confermare una tendenza consolidata. Per un partito che ancora di recente ha voluto rispolverare l’equivoca «questione morale», di cui a suo tempo Enrico Berlinguer si servì per rinchiudere il Pci nel ghetto dell’antisocialismo in cui ancora si ostina a vivere Rosy Bindi, qualcosa non torna.

Caro Bersani, permettimi un po’ rudemente di metterla così: o c’è un grande complotto della magistratura contro il Pd, secondo soltanto a quello contro Berlusconi, oppure nel Pd c’è troppo malaffare. In entrambi i casi, sarebbe bene dirlo chiaro. Non perché lo chiedono i giornali di destra (ma anche quelli di centro e di sinistra, curiosamente risparmiati dai proclami di guerra), ma perché lo domandano sinceramente gli elettori. Che vogliono sapere, e ne hanno diritto, in che modo il Pd amministra la cosa pubblica, come seleziona i suoi dirigenti e i suoi amministratori, quali rapporti intrattiene con la pubblica amministrazione e con l’impresa privata. Non basta proclamare di tanto in tanto la volontà di uscire dalle Asl o dalla Rai (senza peraltro metterla mai in pratica): prima di lasciarle è bene chiarire come ci si comporta, nelle Asl e in tutti gli altri gangli del potere pubblico. La costruzione di un’alternativa democratica in Italia passa per la trasparenza e il coraggio civile, non per l’ipocrisia e la propaganda.

EQUITALIA, la multa è illegale

D'AngeloGli interessi del 10 per cento applicati sulle contravvenzioni rendono nulle le cartelle in cui viene chiesto di pagare le vecchie contravvenzioni. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione. Che fino a oggi è stata bellamente ignorata(27 febbraio 2012)C'è una sentenza, datata febbraio 2007, che potrebbe annullare le sanzioni di migliaia di cartelle di Equitalia. Una sentenza della Corte di Cassazione per anni introvabile anche nei database giuridici più forniti. Una pronuncia che, almeno sulla carta, segna un piccolo gol a favore dei debitori del fisco, dichiarando "illegittime" le sanzioni che la società di riscossione applica sulle multe e sulle ammende amministrative. A partire dalle infrazioni del codice della strada.

Per cinque anni, da quando cioè la Cassazione s'è pronunciata, nessuno ne ha mai sentito parlare. Fino a quando un avvocato di Bari, Vito Franco, ha deciso di andare in fondo alla vicenda. Abbonato a una delle più prestigiose banche dati giuridiche private d'Italia si mette a dare la caccia alla sentenza fantasma. Eppure anche negli archivi telematici per i professionisti non trova alcun riscontro.

Quel pronunciamento fantasma sembra non esistere. La ricerca si trasferisce online, fra siti, blog giuridici, forum di discussione fra fiscalisti. Anche qui niente. L'unica soluzione è andare a Roma e spulciare negli archivi cartacei della Suprema Corte. E così, si mette a scartabellare fra mucchi di carte alti come armadi. E alla fine ecco che spunta la sentenza annulla-sanzioni. E' stata depositata in Cassazione il 16 luglio 2007. Porta il numero di protocollo 3701. E parla chiaro: gli interessi del 10 per cento semestrale applicati da Equitalia sono illegittimi.

Una pretesa del fisco, insomma, che i giudici contestano, spiegando che non è diritto dello Stato incassare quella specie di tassa sulle multe. Eppure, anche di fronte a una decisione del genere, dal 2007 a oggi Equitalia ha continuato ad applicare il rincaro: "Non è cambiato nulla. Le maggiorazioni continuano a essere presenti in tutte le cartelle relative alle sanzioni amministrative", spiega l'avvocato Franco. Proprio come risulta da centinaia di cartelle esattoriali. Gli esempi possono essere molti. Una, ad esempio, chiede la riscossione di 13.561 euro per un cumulo di multe non pagate.

Ecco che nel conto di Equitalia ben 3.292 euro di maggiorazioni, secondo la sentenza della Cassazione, sarebbero "illegittime". Un caso molto diffuso, visto che gli automobilisti in debito con il fisco sono una percentuale piuttosto alta dei "clienti" di Equitalia: "A occhio e croce potrebbero rappresentare il 30 per cento delle cartelle emesse", spiega il legale, che fa da consulente anche a un'associazione di tutela dei consumatori, l'Assdac di Bari, che negli ultimi anni ha presentato oltre 3.500 ricorsi.

A fare due conti le sanzioni "irregolari" creano maggiorazioni di milioni di euro, soldi che non sarebbero dovuti, secondo la Cassazione. Che sul "no" alla sovrattassa del 10 per cento parla chiaro: in caso di ritardo nel pagamento della sanzione, va applicata "l'iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10 per cento. Aumenti, pertanto, correttamente ritenuti non applicabili".

«Io lotto ma deputati del Sud sono inerti»

Caldoro contro la Lega, secondo round

«Difendo l'idea di Fondo nazionale: il Nord contrattacca con tutti i mezzi. Ma i parlamentari meridionali?»


Il primo attacco del quotidiano nordista: «Sud pirata»
NAPOLI - Non si fa attendere la risposta del governatore della Campania, Stefano Caldoro, dopo l'articolo comparso sulle pagine de «La Padania» in cui viene ancora una volta duramente criticata la sua proposta di un Fondo di garanzia nazionale dove far confluire i fondi non spesi da tutte le Regioni per evitare di sforare il Patto di stabilità.

«CACCIA ALL'UOMO» - Dura la replica del governatore: «Vedo una caccia all'uomo, organizzata come una falange compatta dai leghisti». E aggiunge: «Loro in questo sono bravi e hanno azionato tutte le loro leve mediatiche. Attaccano in tutti i dibattiti parlamentari, il gruppo interviene contro il presidente della Regione Campania, lo fanno i giornali che hanno, la rete è aggredita dalla loro posizione, i loro amministratori, tutti». Caldoro spiega anche che nota «una debolezza oggettiva di reazione in Parlamento, tranne qualche eccezione personale, encomiabile». E sottolinea: «Non si risponde in alcuna maniera. La classe politica non lo fa a partire dai parlamentari, e non lo fa, con opportuna efficacia, la classe dirigente del Sud». «Il Mezzogiorno» - dice Caldoro- «dovrebbe esprimersi con maggiore compattezza ed efficacia e anche con maggiore forza, di fronte a una proposta che è fatta per il Sud, per gli amministratori del Sud, non per me, ma per tutti». Interessi collettivi e non personali: «Non parlo del Pdl, ma in generale di tutti i partiti che avrebbero interesse, è un giudizio generale, oggettivo». E conclude: «A meno che qualcuno non mi dica, e io sto ancora aspettando, di avere una opinione diversa o che è una cosa sbagliata. Altrimenti rischiamo come nella pubblicità 'Vinco facile' dove ti arrivano tutti addosso».

FONTE CORRIERE MEZZOGIORNO

Quando una vrenzola incontra un popolo di “straccioni”

Chiariamo subito: il popolo di straccioni è quello napoletano e la vrenzola è la giornalaia, pardon giornalista, del quotidiano “Il Tempo”.
Proprio oggi, la signora Fabrizia Argentieri firma uno strepitoso articolo nel quale dà sfoggio di tutte le sue “competenze” storico-culturali sul popolo partenopeo, infatti avverte con quel bel titolone:

“Nessun napoletano l’ammetterà”

Ma cosa deve ammettere un Napoletano di così importante? stiamo forse per leggere di un tabù partenopeo? Stiamo forse per apprendere una verità scomoda?

Andiamo con ordine: l’articolaccio si occupa inizialmente dell’incontro calcistico Napoli-Chelsea e del suo 3-1, il corpus è pieno di accostamenti al Napoli di Maradona con qualche accenno al contesto europeo calcistico del passato e del presente e dopo un’accozzaglia di banalità si arriva al punto più importante:

scrive la signora Fabrizia: “… Però sognare è lecito. Persino ai napoletani. Un popolo costretto a soffrire. La disoccupazione e la camorra. E andando a ritroso nella storia la fame, il colera, la carestia, l’occupazione nazista e quella alleata, la dominazione straniera. È per questo che i napoletani festeggiano tanto. A loro, popolo di straccioni, basta aver stracciato per una sera i ricchi e blasonati inglesi dell’aristocratico quartiere londinese di Chelsea…“

Considerazioni che non definirei propriamente calcistiche ma che nella loro esplosione razzista lasciano il lettore in due stati d’animo contrapposti: il primo è quello dello sbigottimento e del grottesco, non ci si crede, poi questo primo sentimento si trasforma in altro, probabilmente un misto di rabbia e distacco.

Queste parole però andrebbero lette con grandissima attenzione perché nascondono parecchie sorprese.
In primis la cosa che balza agli occhi è l’utilizzo della parola “popolo” e non nell’accezione di cittadinanza tenuta insieme all’interno del perimetro metropolitano, si parla di popolo napoletano come di un popolo ben riconoscibile. E questo fa sorridere, perché in quelle parole d’odio si scorge l’invidia del potersi sentire popolo senza bandiera, senza inno, senza capitale, senza costituzione napoletana (pur avendoli avuti tutti storicamente). Ora il popolo napoletano è popolo senza ausili, è popolo all’interno del più vasto popolo italiano.
Sempre in questi primi righi la signora degli stracci ci informa che PERSINO i napoletani possono sognare anche se forse non dovrebbero, occupati come sono a soffrire per colpa di disoccupazione, camorra, e andando indietro nel tempo per colpa di pestilenze, fame, guerra e carestia.
Queste ultime parole degne di una descrizione apocalittica, la giornalaia avrà forse preso spunto dall’Apocalisse di Giovanni.

Senza scomodare la storia, possiamo ricordare alla signora degli stracci che Napoli ha avuto momenti felici e tristi come tutte le città al mondo e sarebbe davvero volgare elencare tutti i meriti che la città partenopea vanta da quando fu fondata.
La signora trova anche il tempo per fare una considerazione etno- antropologica, descrive il popolo di straccioni (cioè i napoletani) come un ammasso di persone che essendo sempre gravati dal quadro apocalittico, quando trova l’occasione di festeggiare lo fa in modo esagerato.

L’articolo termina con queste “bellissime” parole: “Basta aver annientato l’ivoriano Drogba, uno al quale sono stati offerti 23 milioni a stagione, una cifra con la quale ci si paga tutto il Napoli per un anno. Aver visto svanire Cole e Lampard, Essien e Sturridge. Insomma, basta aver goduto una notte. Perché solo di notte i sogni si possono avverare.“

Senza più commentare le squallide parole della signora degli stracci vorrei fare delle precisazioni.
L’epiteto che ho usato è VRENZOLA o meglio VRENZOLA SPURTUSATA letteralmente significa straccio bucato e dunque donna volgare, lercia, rabberciata, stracciona, raffazzonata;

di per sé la voce vrenzola nel suo significato primo di straccio e poi in quello estensivo di persona, donna mal fatta o mal ridotta pare che etimologicamente possa ricollegarsi ad una brenniciola → bren(i)ciola → brenciola diminutivo di un’originaria brenna corrispondente (vedi il Du Cange) ad un basso lat. breisna = rozza, vile,senza valore ma non manca chi fa derivare brenna dall’ant. fr. braine (giumenta) sterile e quindi priva di valore;
spurtusata part. pass. femm. aggettivato dell’infinito spertusà = bucare denominale della voce pertuso = buco (dal lat. *pertusium derivato di pertundere = bucare) con protesi di una s intensiva.
Non ho utilizzato un’altra meravigliosa parola usata dal popolo partenopeo (e dal sud in generale), Mappina, che mi sembra altrettanto adatta per descrivere la signora degli stracci.
Mappina: sostantivo femminile, è voce in napoletano adattamento metaplasmatico del diminutivo del lat. mappa = cencio, straccio: è parola che anche con la primitiva desinenza del diminutivo latino “la” (mappila), con identico significato si trova in altri dialetti centro-meridionali.

P.S.
Il grandioso giornale “Il Tempo” (perduto) ha provveduto a rimuovere l’articolo dopo le varie rimostranze che gli saranno pervenute via web. Ci congratuliamo con il “giornale” per NON aver fatto un comunicato di scuse
e per NON aver controllato l’articolo prima della sua pubblicazione, ci complimentiamo altresì con la signora degli stracci (Fabrizia Argentieri) per averci strappato, tutto sommato, un sorriso e sicuramente qualche “benevola” jettatura.

tratto da http://ammazzandomasaniello.wordpress.com/2012/02/26/quando-una-vrenzola-incontra-un-popolo-di-straccioni/

L'ordine dei giornalisti sanzioni disciplinarmente FABRIZIA ARGENTIERI.

Quello di Fabrizia Argentieri voleva essere nient’altro che un articolo di sport. Sulla differenza tra il Napoli di Maradona, splendido in campionato ed infelice in Europa, e quello di Cavani e Lavezzi, altalenante in Italia e magnifico in Champions. Una disamina attenta, lucida, professionale. Che, inspiegabilmente, è finita nel peggiore dei modi possibili. Con toni assurdamente razzisti e denigratori per un intero popolo che vive di calcio, sì, ma anche di orgoglio. E quello “straccioni” è un’offesa intollerabile per chiunque, figuriamoci per un partenopeo.
L’articolo, apparso giovedì 23 febbraio sulle pagine online de Il Tempo, è passato quasi inosservato. Fino a quando i forum dei tifosi del Napoli non hanno iniziato il passaparola. E se sulla prima parte si può tranquillamente essere d’accordo (il sovraccitato paragone tra il Napoli di Maradona e quello del Matador), la conclusione dell’articolo è un’oscenità che merita di essere letta prima di poter essere giudicata.
Riprendiamo testualmente dalle pagine de Il Tempo, prima che l’articolo venisse cancellato dal database: «Sognare è lecito. Persino ai napoletani. Un popolo costretto a soffrire. La disoccupazione e la camorra. E andando a ritroso nella storia la fame, il colera, la carestia, l’occupazione nazista e quella alleata, la dominazione straniera. È per questo che i napoletani festeggiano tanto. A loro, popolo di straccioni, basta aver stracciato per una sera i ricchi e blasonati inglesi dell’aristocratico quartiere londinese di Chelsea[...]. Insomma, basta aver goduto una notte. Perché solo di notte i sogni si possono avverare».


CHIEDIAMO: a) una sanzione dell'ordine dei giornalisti e del direttore de IL TEMPO SECHI (le scuse di circostanza non interessano)
b) che a Fabrizia Argentieri sia regalato un dizionario della lingua italiana.

sabato 25 febbraio 2012

Bimbo dello Zen a Profumo: "Manderebbe qui suo figlio?"

Sono un alunno della quinta e sono contento che sei venuto a visitare la nostra scuola. Il preside cerca di fare miracoli per noi. Abbiamo le maestre e di bidelli ce ne sono tre soli in tutta la scuola”. A scriverlo è un alunno dell’Istituto “Falcone” di Palermo, nel quartiere dello Zen, che stamane ha consegnato la letterina al ministro Francesco Profumo, in visita alla scuola, ripetutamente presa di mira dai vandali nel corso degli ultimi mesi.

“Siamo senza riscaldamenti – scrive l’alunno – abbiamo anche i bagni rotti, la palestre fuori uso, non abbiamo neanche una stanza per fare progetti. La classe è sempre sporca, danno una scopata veloce e neanche puliscono i banchi spesso li puniamo noi. Abbiamo anche i vetri rotti e i muri scrostati. Caro ministro questa lettera è per te. Noi siamo come tutti gli altri bambini”.


Infine, la domanda rivolta al Ministro: “Se tu avessi figli e nipoti li manderesti in una scuola come questa?“.
Il Ministro ha incontrato il dirigente scolastico Domenico Di Fatta, docenti e studenti e ha dato il calcio d’inizio alla partita di calcio tra Forze dell’Ordine e cittadini e ragazzi del quartiere, in corso nei campi del plesso scolastico, inoltre ha assicurato che “ci sono già disponibili 4 milioni di fondi per la scuola da destinare alla Sicilia e ad altre tre regioni e aeree disagiate, in piu’ saranno stanziati 26 milioni in progetti per la scuola”

Mi chiamo Gennaro Esposito e tifavo juventus

Ciao,
mi presento, sono Gennaro Esposito, sono nato a Napoli nel 1996, nel giorno in cui Alex Del Piero a Tokyo alzava la coppa Intercontinentale, forse per questo sono "juventino"!
Da piccolo mi divertivo a deridere i miei familiari, tutti tifosissimi del Napoli, poichè mentre noi eravamo ripetutamente campioni d'Italia, il Napoli continuava la sua discesa verso un lungo declino, culminato poi col fallimento del 2004!
Crescendo, essendo appassionato di calcio, mi son chiesto perchè nell'albo d'oro del tricolore figurassero frequentemente squadre del nord e quasi mai quelle del sud! Addirittura 99 scudetti su 107 al nord!
Allora mi son detto " vuoi vedere che è per lo stesso motivo per cui al nord c'è piu lavoro che al sud? che è per lo stesso motivo per il quale il nord nonostante non abbia le stesse risorse sia umane che naturali del meridione, risulta essere piu ricco? "
La risposta che mi son dato è stata affermativa, c'è MALAUNITà anche nel calcio!
Mi chiederete come si possa collegare un evento storico di tale portata e dimensione con delle semplici partite di calcio, rispondo allora che lo sport in generale, ma il calcio nello specifico sono lo specchio della società!
Squadre come Napoli, Palermo, Catania, Bari, Reggina hanno vinto poco o nulla, a causa delle condizioni sociali scaturite dal dopo risorgimento, mentre al nord vincevano anche squadre di piccoli centri , come Vercelli , Novi Ligure , Casale Monferrato !
Cosi dopo essermi informato sulla vera storia del risorgimento e sul male fatto alla mia terra mi ripresento:
CIAO , SONO GENNARO ESPOSITO , E SONO UN TIFOSISSIMO DEL NAPOLI perchè ho capito che chi nasce in questa terra non puo rinnegarla, ma deve combattere per far si che risorga piu forte di prima in ogni suo settore, anche nel calcio!


di Francesco La Ferola

Lo sviluppo del Sud non è roba da scimmie (Lino Patruno)

Il ministro del Sud, Barca, è venuto in Puglia e ha detto che occorre raddoppiare il numero delle industrie. Già è una notizia. C’è chi continua a sognare un Sud tutto sole e mare, più un buon piatto e un buon vino: fate turismo perché è la vostra vocazione. Non si è mai vista al mondo una economia che si sia sviluppata saltando l’anello dell’industria. Sarebbe come noi umani che, senza l’ultimo anello dell’evoluzione, saremmo ancòra scimmie. E c’è chi continua a farneticare di una Taranto senza l’Ilva, 26 mila famiglie che aprono B&B, un letto e una prima colazione. Il ministro ha anche detto che per creare industrie è sbagliato invocare, come in passato, incentivi alle imprese. Si danno e poi non si sa che fine facciano. Ha ragione. Meglio migliorare le condizioni di accesso, cioè creare l’ambiente adatto.

Il che vuol dire infrastrutture: materiali (esempio strade), immateriali (esempio banche), sociali (esempio scuole). Barca è venuto in Puglia in aereo. Avesse scelto il treno, lo avremmo trovato imbufalito.

Come si fa ad avere condizioni di accesso se al Sud tagliano appunto i treni? E’ possibile che le Ferrovie non rispondano a nessuno e che continuino a pensare ai profitti infischiandosene della funzione sociale che svolgono? E’ possibile che Bari e Napoli siano lontane come la Luna fra loro, così come 150 anni fa? Allora si decise di lasciarle appunto lontane, nel caso si fossero messe in testa di creare un Sud unito e capace di difendersi dall’abbandono.

Ma condizioni di accesso significa anche altro, come il ministro per primo sa. Significa, ad esempio, giustizia civile meno lenta. Il primo motivo che tiene lontani gli investimenti stranieri dal Sud è proprio il tempo che ci si metterebbe a farsi pagare una cambiale in protesto o a risolvere una vertenza di lavoro: non si può stare cinque anni. E però questo è il Paese in cui, per stessa ammissione di Barca, una delibera Cipe (che riguarda, mettiamo, un’opera pubblica) ci mette otto mesi e 14 passaggi burocratici prima di cominciare a funzionare.

Ma è solo l’inizio della Via Crucis. Poi ci sono i tempi degli appalti e dei maledetti e puntuali ricorsi al Tar. Poi il progetto: preliminare, definitivo, esecutivo (quando non è necessario uno studio di fattibilità prima). Poi il cantiere, che cinque volte su dieci si ferma perché l’impresa non ce la fa (dopo aver fatto la furbata di assicurare un ribasso del 40 per cento sul costo base). Per una media opera, ci vogliono dieci anni. Con i cantieri aperti e mai chiusi, anzi dopo un po’ arrugginiti. Del resto, per aprire una pizzeria ci vogliono una trentina di autorizzazioni.

Insomma, tutto c’è tranne il disco verde o la corsia preferenziale. Ora si assicura un giorno per aprire un cantiere: visti i precedenti, non esageriamo. Perché è vero che, se Steve Job fosse stato da queste parti, al massimo avrebbe fatto l’elettricista. Incredibile Steve: nasce nella contea di Santa Clara, California. Per finanziare, insieme a un amico, l’idea della Apple Computer, lui vende un suo pulmino, l’amico una calcolatrice. La prima sede è un garage dei genitori. Vendono i primi computer sulla carta, solo in base all’idea. L’idea finisce a un industriale il quale, annusata aria di genio, gli dà subito 250 mila dollari. In poco tempo le prime vendite toccano il milione di dollari. In Italia li avrebbero sfrattati dal garage per violazione della licenza edilizia.

Per non parlare, scusate, del mitico articolo 18, quello che impedisce alle imprese con più di quindici dipendenti di licenziare se non c’è giusta causa. E sul quale il Belpaese si sta aggrovigliando da settimane. Senza che nessuno dica che riguarda solo il cinque per cento delle imprese. Senza che nessuno dica che si possono contare le imprese per le quali quell’articolo è un problema. Senza che nessuno dica che se un’impresa vuol crescere, si divide in due (evitando di superare i quindici dipendenti) e il problema è risolto all’italiana. Senza che nessuno dica che in rarissimi casi il licenziato è riassunto anche dopo la sentenza del giudice, perché passa tanto di quel tempo che il licenziato fa altro e l’impresa lo risarcisce. Senza che nessuno dica che l’art. 18 sarebbe il primo caso al mondo in cui per creare lavoro (come si sostiene) si licenzia.

Ma tant’è. La cosa più esaltante è che Barca è venuto in Puglia (diciamo in generale al Sud) e, nonostante tutto, è stato in tre aziende che gli avranno aperto il cuore. Una esporta nel mondo le sue scarpe da lavoro. La seconda disegna per tutto il mondo le mappe ricavate dai satelliti. La terza è di due trentenni che hanno inventato l’aereo superleggero più veloce del mondo: in fibra di carbonio (prima dell’aereo, avevano pensato di usarla per farne palazzi. Come, palazzi in fibra di carbonio? Sì, non lo sapevate?).

venerdì 24 febbraio 2012

COTA (LEGA) QUATTRO MILIONI DI BUCO IN PIEMONTE PER IL 150°. CHI PAGA?

Non bastava il comitato nazionale per i festeggiamenti del 150° dell’unità, quello voluto con tanto ardore da Ciampi: il Piemonte ha voluto farsene uno suo (“Comitato Italia 150”) che ha organizzato una strepitosa serie di eventi che hanno commosso reduci, vedove e orfani delle patrie battaglie, oltre che naturalmente – fino alle lacrime – il presidente Napolitano. Della partita – non poteva mancare – c’era anche il presidente della Regione, il sedicente leghista Roberto Cota.

Risultato del gioioso ambaradan di festeggiamenti, chiamato “Esperienza Italia”? Quattro milioni di buco che adesso qualcuno dovrà ripianare. Sforare preventivi e buttare quattrini non poteva trovare nome migliore di “Esperienza Italia”, 150 anni di fregature ai contribuenti.

Il cuore dei festeggiamenti piemontesi è stata la Venaria Reale, da poco restaurata, degna cornice di ogni memoria sabauda di caccia: caccia alla selvaggina, alle sottane, ai troni e alle “partecipazioni” (eufemismo pudico per “mazzette”) del gran venatore Vittorio, padre della patria.

Alla Venaria si sono tenute mostre di vario genere, ma sempre scrupolosamente patriottiche, ma anche uno dei pilastri di questa gioiosa “Esperienza Italia”: le cene regionali organizzate nei saloni d’onore della reggia sabauda. Delle grandi pacciate patriottiche avrebbe detto il Giuanin Brera, uno che amava la buona cucina ma non troppo i Savoia. Così cena, dopo cena, portate, tricolori, e ammazzacaffè, si è arrivati a un conto di 4 milioni, rimasto scoperto.

Nell’elegante depliant di presentazione si diceva: «”Esperienza Italia” si rivolge idealmente a 150 milioni di persone: quel popolo “italico” che è composto dagli italiani in senso stretto, dai nuovi italiani, dalle comunità italiane nel mondo e da tutti coloro che sono appassionati del nostro Paese, magari perché ne studia la lingua o ne apprezzano la produzione enogastronomica». Viene da fare due osservazioni. La prima è che chi ha redatto il testo non rientra nel novero di chi “ne studia la lingua” con grande diligenza. La seconda: meno male che non si siano presentati tutti alle cene patriottiche, sennò altro che quattro milioni di conto!

L’Italia della cultura gastronomica del magna magna

Non basta, per la bella occasione (capita solo ogni 50 anni, e non è detto che ce ne sarà un’altra…) si è anche terminato il restauro dei giardini della residenza. Mentre l’intervento architettonico è stato più che decoroso, i giardini sono stati trasformati in una schifezza, “un pastiche tra arte contemporanea e Las Vegas” l’ha definito uno dei maggiori esperti della materia, Biagio Guccione. In effetti vi si trova tutto il peggio di certa kultura universitaria che nulla ha a che fare con la storia del giardino, con l’attenzione ambientale ma neppure con il più elementare buon gusto. Un rebelotto di incomprensibili aggeggi spacciati per sculture, arredi brutti e nemmeno funzionali, una vaccata pazzesca che però – va detto – celebra nel più (in)degno dei modi il nefasto 150°. Neanche i Savoia sarebbero riusciti in un’impresa del genere, neanche affidando la progettazione alla Bella Rusìn.

Rc auto salata al Sud: tassa del pregiudizio

Tra le liberalizzazioni che il governo sta studiando ci sono anche alcuni correttivi per quanto concerne le assicurazioni Rc auto. Guarda caso, però, i provvedimenti che vengono fuori e che si attueranno sono esclusivamente a favore delle compagnie, anche se sono condivisibili. L’inasprimento delle pene per i contraffattori delle polizze Rc auto, per quelli che circolano senza essere assicurati, per i soggetti che denunciano falsi incidenti, sono tutti ok. Inoltre ci sono i suggerimenti delle compagnie inerenti l’istituzione di una banca dati per tutti i sinistri denunciati, la riduzione del 30% sui risarcimenti richiesti con fatturazione dell’officina che ha provveduto alle riparazioni, il non riconoscimento per il “colpo di frusta” ed il mancato risarcimento per danno biologico per le lieve lesioni senza il riconoscimento clinico e strumentale dell’evento. A fronte di questi correttivi cosa si intende fare per gli assicurati campani che pagano polizze stratosferiche? Quali sono i provvedimenti che si intende attuare a favore degli automobilisti che si vedono aumentare il costo della polizza ad ogni rinnovo senza alcuna motivazione? Quanti anni di galera sono previsti per le compagnie che inviano la disdetta assicurativa ai soggetti che sono nella prima fascia che non denunciano sinistri da 30 anni e per il rinnovo chiedono importi esosi? Cosa è previsto per le assicurazioni che hanno risarcito danni per sinistri mai avvenuti senza fare alcuna indagine, tanto avevano un ritorno immediato applicando aumenti a chi denunciava il sinistro e a tutti gli altri assicurati di quella città o regione perché si verificava un incremento dei sinistri?. Per gli assicurati l’unica chance è quella dell’applicazione della scatola nera per avere uno sconto. Ma sono convinto che gli aumenti indiscriminati che applicano le compagnie annulleranno tale eventualità. Ma quali agganci hanno le compagnie?

Gennaro Alborino - GRUMO NEVANO (NA)

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Caro Alborino, il sofferto capitolo delle Rc auto viene affrontato in modo parziale e nient'affatto soddisfacente dal decreto sulle liberalizzazioni. In un'intervista al Mattino di ieri, il presidente dell'Autorità Antitrust anticipa di fatto un provvedimento che andrà a incidere sulla carne viva delle polizze. Lamenta il professor Pitruzzella che in Italia le compagnie, a differenza di altri Paesi come l'Inghilterra per esempio, non perseguano con convinzione e adeguati risultati lo scandalo delle truffe. La prova sta nel fatto che queste vengono denunciate in maggior numero all'estero (almeno in alcuni Paesi) che in Italia. Non so quale sia la ragione di questa minore severità e se questo abbia a che fare con i costi che le indagini sulle truffe comportano.
Di sicuro il giro di vite, almeno su questo fronte, potrebbe rivelarsi un ulteriore fattore di aumento delle polizze in Campania. Perché per esempio è stato accertato che i casi di falsi colpi di frusta accertati nella Regione sono circa 15 mila. Come dire che il dieci per cento dei sinistri denunciati è frutto di frode. Una maggiore severità verso questi furbetti porterebbe infatti a risparmiare gli utenti e ad abbassare il prezzo delle polizze. Poi naturalmente c'è la solita ingiustizia scontata da chi vive al Sud: il giusto finisce con il pagare per il peccatore truffaldino e gravano sulle nostre tasche tariffe astronomiche grazie alla fama (supportata purtroppo dalle statistiche) che la regione si è guadagnata per il numero delle frodi. Mentre sarebbe giusto rispondere della propria guida, della percentuale dei propri incidenti e dunque della propria affidabilità come guidatori. La tassa sul pregiudizio no, non la possiamo accettare.

Lino Patruno presenta "Fuoco del Sud".

Mille e più ragioni per insorgere.

Il 25 febbraio a Potenza “Mo’ basta”, manifestazione organizzata da alcune sigle della società civile per mettere al centro dell’attenzione la difesa dell’ambiente e della salute dei lucani. In testa al corteo il tenente Giuseppe Di Bello

«In Basilicata si sta giocando una partita durissima, una partita di libertà: a fronte di una superficie di 9.942 kmq, tra istanze già concesse di Titoli Minerari e le nuove richieste di concessione, vogliono imporre alla Basilicata ben 6.260 km quadrati di estrazione, bel 2/3 del territorio oggetto di ricerca, estrazione e stoccaggio. I nuovi titoli minerari ammontano a 2489 km quadrati e nessun Ente, nessun partito di maggioranza o di opposizione si è sentito in dovere di far rispettare la Convenzione di Aarhus, il diritto del popolo ad esprimersi, il diritto di conoscere quello che accade, di prendere parte attiva ai processi decisionali. Tutti hanno le mani in pasta, nessuno vuole farsi sfilare la torta da sotto il naso. Per questo la differenza la possiamo fare solo noi, gente comune ed associazioni».
Sono questi i motivi alla base della manifestazione “Mo’ basta” organizzata per il prossimo 25 febbraio a Potenza (concentramento a Piazza Bologna alle ore 9,00, poi corteo fino a piazza Don Bosco, infine comizio e concerti dalle 10,30) da alcune sigle della società civile lucana per mettere al centro dell’attenzione le ripercussioni delle vecchie e nuove estrazioni petrolifere in Valdagri. In testa al corteo ci sarà il tenente Giuseppe Di Bello, da tempo impegnato sui temi della difesa dell’ambiente e della salute. «La nostra grande ricchezza è l’ambiente, è la produzione alimentare ed agricola, il turismo. Il petrolio – dice Di Bello – in 15 anni ha ridotto la Basilicata a regione più povera d’Italia, con la più alta percentuale d’Europa di emigrazione, tanto che siamo passati da 630mila a 530mila abitanti».

Tenente, dunque: occhi aperti sulla Valdagri?

Il Centro Oli di Viggiano nella primavera dello scorso anno ha raddoppiato la capacità di desolforazione del greggio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa i limiti di emissioni di idrogeno solforato tollerabili per l’uomo in 0,005 parti per milione, gli USA in 0,001. In Italia il limite è stato fissato a 30 parti per milione, e cioè 6.000 volte più dell’Oms, 30mila volte più degli Usa. Ricordiamo che questo Centro Oli è nelle immediate prossimità di centri abitati, costituendo di fatto un pericolo per la salute pubblica e per l’incolumità delle persone, oltre ad essere fonte di inquinamento per l’ambiente circostante. Va detto che la Regione Basilicata ha una estensione di 9.942 kmq, ed i petrolieri tra permessi di ricerca approvati ed estrazioni già in corso hanno 3.712 km quadrati, cui vanno ad aggiungersi 2489 km quadrati di nuove richieste. Per un totale 6.260 km quadrati di territorio lucano, vale a dire oltre 2/3, che saranno oggetto di ricerca, estrazione lavorazione e stoccaggio.

I movimenti hanno più volte ricordato che si deve parlare, in generale, di emergenza ambientale in Basilicata. Perchè?

Perché non c’è solo la Valdagri e il petrolio. Non dobbiamo dimenticare la mattanza che c’è in Valbasento, dove si continua a morire per i danni prodotti dall’industria che lavorava le micidiali fibre d’amianto producendo Eternit, e dove il territorio è inquinato da decine di discariche ancora da bonificare. Vogliamo portare al centro dell’attenzione la questione Itrec/Enea di Rotondella dove è stato concesso il via libera per il deposito di terra ferma delle scorie nucleari ed il trattamento con la cementazione delle scorie. C’è l’inquinamento del suolo nell’area industriale di Tito, una bomba ecologica dal potenziale devastante, che ha raggiunto le falde acquifere e che sembra sia arrivato nel fiume Basento.


Quindi, “Mò basta”. A chi o a cosa?

Alla scarsa trasparenza delle istituzioni lucane preposte alla gestione ambientale del territorio, come l’Arpab, vedasi i recenti fatti di cronaca sulla questione “Fenice” e disastro ambientale che ha visto agli arresti l’ex Direttore Generale ed il Coordinatore dell’Ente. Diciamo basta all’incapacità delle istituzioni di affrontare tempestivamente le situazioni a rischio ambientale, talora sottovalutandole, come nel caso della proliferazione dell’alga rossa nell’invaso del Pertusillo, attribuita dall’Arpab a fattori climatici anziché inquinanti, cui si aggiunga la presunta violazione del DM 60/2002 relativo all’inquinamento da biossido di azoto (NO2) in Valdagri, nell’area industriale di Viggiano, nel periodo giugno-luglio 2009, evidenziato dai dati forniti da Metapontum Agrobios sul proprio sito internet;

Bisogna cambiare strada. Ma come?

Bloccando altre autorizzazioni per ricerca, estrazione, stoccaggio e in terra di Basilicata. Rispettando la Convenzione di Aarhus da parte dello Stato, delle istituzioni lucane e delle multinazionali che operano qui, al fine di garantire la dovuta trasparenza sulla gestione ambientale del territorio e il diritto alla salute, che in Basilicata appare meno tutelato che in altre regioni d’Italia. Vogliamo che lo Stato, la Regione Basilicata e le multinazionali operanti sul nostro territorio risarciscano al popolo lucano il danno patrimoniale di salute e ambientale, derivato dalla mancata o scorretta attuazione proprio della Convenzione ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge 108/2001.
Infine, chiediamo che il ristoro per la popolazione debba essere adeguato, con royalty non inferiori al 50% ed il recupero dei gas che non devono essere bruciati, perché tale pratica è vietata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità da più di 20 anni. Quei gas vanno recuperati e dati ai cittadini ed alle imprese per uso gratuito come riscaldamento e acqua calda.

giovedì 23 febbraio 2012

LEGA: tra crac e assegni falsi l'ascesa di Belsito, il tesoriere degli investimenti in Tanzania

Da dove viene fuori Francesco Belsito, il tesoriere della Lega assurto agli onori delle cronache per aver investito i finanziamenti pubblici del partito a Cipro e in Tanzania!?
Pezzo forte del cosiddetto "cerchio magico" dei fedelissimi di Bossi e ora momentaneamente in difficoltà nello scontro con l'ala "maroniana" del partito.
Una mano a capirlo ce l'ha data oggi un quotidiano genovese, il secolo XIX, che è riuscito a raccogliere la testimonianza del perito fallimentare di una delle società passate per le mani di Belsito.
E così scopriamo che l'attuale tesoriere ha un più che rispettabile (i fa per dire...) curriculum di crac finanziari e assegni falsi con cui accumulare il tesoretto di circa due miliardi di vecchie lire con cui dare la scalata nel partito "delle mani pulite" come amano autodefinirsi i leghisti.
In particolare bisogna mettere l'attenzione su una società di Genova, la Cost (Cooperativa servizi tecnologici) Liguria, una srl dichiarata fallita nel 2000 e di cui Belsito è consigliere d'amministrazione nei due anni precedenti. Con lui entra nella società anche una vecchia volpe della prima repubblica, Ermanno Pleba, un fedelissimo della dc con molteplici incarichi in società miste pubblico-privato fino agli anni '90.
Oggi Pleba sostiene di aver perso un miliardo e quattrocento milioni appresso a Belsito, di cui afferma di essere diventato "sponsor e finanziatore fino ai limiti del patologico"...
Belsito diventa amministratore della Cost e il perito che segue il fallimento sostiene di aver potuto accertare l'emissione di assegni e cambiali non giustificati in favore di Belsito stesso e di Pleba per almeno 625 milioni di vecchie lire. Coinvolta anche la Cost service, una società satellite per mediare il fallimento e di cui Pleba e Belsito erano amministatori. Anche la Cost Service è fallita e Pleba afferma:" Io nella cost service ho investito mezzo miliardo di lire portate in contanti. Belsito è sempre stato bravissimo a giocare coi soldi degli altri...".
Infine, evidenzia sempre il perito fallimentare, ci sono anche assegni di Belsito firmati a nome della cooperativa per spese non giustificate e assegni non intestati e firmati a nome di un altro amministratore, Varanzi, con firma a dire di quest'ultimo "falsificata". Varanzi sintetizzerà in 700 milioni di lire il suo credito verso colui che è stato poi anche sottosegretario del governo Berlusconi in quota alla Lega Nord...

Il racconto choc di Diego, tifoso del Napoli aggredito a Firenze in compagnia della sua fidanzata: "Notte da incubo"

Un incubo. La gioia per la vittoria del loro Napoli sfumata in un istante. Diego e Margherita, napoletani dei paesi vesuviani, hanno vissuto attimi di terrore dopo la gara tra gli azzurri e la Fiorentina. I due fidanzati, tifosi del Napoli, sono stati aggrediti da tifosi viola, due dei quali arrestati all'indomani del match con il Napoli per aver colpito duramente un altro sostenitore che ha riportato anche danni importanti all'occhio e al setto nasale. "Usciti dallo stadio - racconta Bruno - siamo stati accerchiati da un gruppetto di tifosi della Fiorentina. Io avevo parcheggiato l'auto alle spalle della Fiesole, perché avevo amici che erano nella curva della Fiorentina e ci siamo divisi solo all'esterno dello stadio. Eravamo su strada Manfredo Fanti e lì ci hanno avvicinato. Eppure, avevamo preso tutte le precauzioni del caso, non avevamo nulla addosso oggetti che potessero far capire che eravamo tifosi del Napoli, io indossavo un cappello di Amsterdam".

Gli attimi sono stati terribili: "Io e Margherita - continua Diego - non parlavamo neanche tra noi. Quando ci hanno avvicinato hanno iniziato a farci domande, a provocarci per sentire il nostro accento e noi cercavamo di non parlare, poi hanno iniziato quasi ad aggredirmi e la mia fidanzata urlava, forse quello li ha un po' frenati e alla fine me la sono cavata con uno schiaffo. A lei non hanno fatto nulla, ma si è spaventata comunque".

Il giovane, originario dei paesi vesuviani, racconta l'assurdità della situazione: "La strada sulla quale siamo stati aggrediti è abbastanza grande, c'era una volante della polizia che andava avanti e indietro a sirene spiegate, c'erano tanti gruppetti di fiorentini a caccia di napoletani, alla ricerca del contatto; uscivano soprattutto dalle stradine circostanti. Quando hanno smesso di circondarci siamo scappati verso il settore ospiti di nuovo, avevamo il cuore in gola. La polizia ci ha avvicinato, ci ha chiesto se andava tutto bene e noi alla fine abbiamo raggiunto di nuovo il settore dei napoletani, dal quale eravamo usciti circa 45 minuti dopo la fine della partita, e i nostri amici di Firenze ci hanno poi raggiunto lì per ritornare a casa".

Una brutta avventura che non spegne la passione: "Andremo a Parma a seguire il Napoli - conclude Diego - Abbiamo rischiato grosso, ma noi speriamo sempre che nel calcio non ci sia violenza. Devono allontanarsi i facinorosi dagli stadi, non chi va per tifare per la propria squadra".

Il Chelsea che non ti aspetti passeggiata a Borgo Marinari

Chelsea stupisce: a poche ore dal big match col Napoli la squadra si concede una mattinata di totale relax e, complice una giornata primaverile, si concede una bella passeggiata sul lungomare.

Nella loro elegante tuta sociale nera con inserti arancione Drogba e compagni hanno visitato Borgo Marinari e in particolare sono rimasti ammaliati da Castel dell'Ovo. Ma quello che ha più colpito i numerosi tifosi che si sono subito radunati davanti all'hotel Vesuvio è stata la loro totale disponibilità.

Inutile il cordone di polizia a separare i campioni dei Blues dai fan. Terry e gli altri hanno volentieri firmato decine di autografi e scambiato parole con gli appassionati. Colto al volo il siparietto tra il capitano del Chelsea e un giovane napoletano: "Che fate stasera?". "Sarà difficile ma, credimi, proveremo a vincere ovviamente". E il tifoso, di getto: "Speriamo di no".

Incantato dal golfo e da Castel dell'Ovo il centravanti Drogba che pronuncia più volte "It's fantastic".

Solito seguito di giovani tifose per lo spagnolo Torres. Inseguito con tanto di cartelli e slogan. Attorno all'ora di pranzo la squadra è rientrata all'albergo Vesuvio tra gli applausi dei molti presenti.

Ladri di biciclette in Liguria, dal team campano appiedato un appello: "Aiutateci a ritrovarle. Siamo piccoli e non siamo assicurati"

ENOVA - Sabato 18 febbraio, 49esimo Trofeo Laigueglia di ciclismo, classica di apertura. E c'è chi all'arrivo festeggia, Moreno Moser primo in contropiede, e chi si incredibilmente si duole già prima di partire. Sono i ragazzi - quattro italiani, tre croati ed un inglese - del Team Meridiana-Kamen, l'unica formazione professionistica di matrice societaria campana - «anzi del Sud intero», come sottolinea il manager salernitano Giallorenzo -, a cui nottetempo i soliti ignoti hanno rubato le bici personali dal motor-home. Nel piazzale antistante l'Hotel Raffy, Diano Marina.

Senza biciclette di scorta, un paio di atleti hanno gareggiato con le bici fornite cortesemente da altre squadre e dal cambio ruote, «ma sai, pedalare su un telaio diverso per un ciclista è come per un podista correre con le scarpette di un numero diverso».

Mentre gli altri sono rimasti forzatamente a piedi. «Noi, piccoli come siamo, non siamo mica assicurati contro il furto, fra l'altro», precisa uno sconsolato Giallorenzo. «E comprarne altre non è tantomeno un investimento alla portata di una squadra costruita sulla passione e sul sacrificio personale, come la nostra».

«Chiedo al Mattino di pubblicare un appello perché chi ha visto o sa qualcosa ci aiuti a ritrovarle, anche per solidarietà con i nostri due atleti campani, Cesaro e Giallorenzo, che portano in giro per il mondo il ciclismo della nostra regione». E senza bici, ovviamente, non hanno più sogni. Nemmeno per loro.

INAUDITO - Marsiglia-Inter, tifosi nerazzurri intonano cori "Siete Napoli, sembrate Napoli", i francesi rispondono con fischi e tamburi

Si era appena accesa la sfida al Velodrome quando i supporters nerazzurri presenti sugli spalti dello stadio hanno intonato i primi cori contro i sostenitori del Marsiglia. Fin qui nulla di strano, se solo tali cori non fossero stati del tipo "Siete Napoli, sembra Napoli". Il motivo (se così lo si può chiamare)? I tifosi del Marsiglia erano divisi in due curve. Una lancia va i cori, l'altra rispondeva. "Nous sommes les Marseillais" era l'incitamento più frequente.

Ciò che resta, però, è un dato di fatto: ancora una volta, i tifosi interisti non hanno perso occasione per mostrarsi inopportuni e adir poco insensati. Fortunatamente, i francesi hanno risposto, senza perdersi d'animo, con molti fischi e iniziando a far rullare i tamburi nelle due curve.


INTERISTI FIGLI DI TROTA!

“Sono un uomo di merda”

“Io song n’omme ‘e mmerda”. Non sono i versi di una canzone scurrile. Sono le incredibili parole, un autocondanna, un’autocritica alla Pol Pot, che gli operai ddella Fiat di Pomigliano sono costretti a pronunciare davanti a un microfono e davanti a compagni e capi in una specie di assemblea detta modernamente “acquario”. Un’umiliante penitenza richiesta quando quell’operaio “non regge le cadenze o sbaglia a montare un pezzo”. Forse questi sono i “fannulloni” a cui allude la Marcegaglia. Insomma l’operaio cede alla fatica e così “viene convocato a fine turno: capi e sottocapi lo circondano e gli fanno recitare al microfono” tali tremendi versetti. L’episodio è riportato non in un foglietto estremista diffuso dai duri della Fiom bensì dal “Foglio” di Giuliano Ferrara. E l’autore dell’articolo è un Gianfranco Pace che forse soffre le reminiscenze di un suo lontano passato. E il fatto era già stato raccontato da Loris Campetti sul “Manifesto”.

“Io sono un uomo di merda” è costretto a dire quell’operaio che come un novello Charlot non ce la fa a inseguire i ritmi di Marchionne. In una fabbrica dove se hai la tessera Fiom non entri. Come quando non si poteva avere l’Unità in tasca. E poi c’è chi osa tacciare di nostalgici del primo Novecento perfino coloro che nel Pd osano non osannare la politica Fiat. Ma chi sta facendo salti enormi all’indetro, in nome dei “tempi moderni” (titolo, appunto, del film di Chaplin)?

Un episodio che incita alla rivolta. Che prima o poi arriverà . E così i moderni proletari, per rimanere in tema, saranno costretti a riscoprire un antico sorpassato slogan soreliano: “A salario di merda lavoro di merda”. Così – magari anche quando si sostiene che la riforma del lavoro la fanno solo esperti ministri senza il conforto eperto dei sindacati – si buttano a mare anni di faticose conquiste e vere modernizzazioni.Quelle che avrebbero dovuto portare “da sfruttati a produttori”, come diceva un volume di Bruno Trentin. Tanto per citare uno che se fosse ancora vivo non crederebbe ai propri occhi.

Leghisti contro Caldoro: «Sud pirata»

Lui: vi spiego tutte le bugie della Padania
Il giornale del Carroccio attacca il piano del governatore per il rientro di risorse inutilizzate. Dura replica nel blog

Stefano Caldoro risponde per le rime alla Lega. Stamane l'organo di stampa ufficiale La Padania dedica il titolo di prima pagina alla Campania: «Allarme pirateria napoletana sul tesoro dei sindaci del Nord». In pratica, l'affondo è sul piano propugnato dal governatore campano, cioè dar vita a un Fondo di garanzia nazionale per i pagamenti alle imprese, utilizzando le risorse che non possono essere utilizzate per il rischio di sforare il Patto di stabilità. Ecco: secondo i leghisti si tratterebbe dell'ennesimo scippo «ai virtuosi». Per Caldoro invece non è così, e prova a spiegarlo in un video pubblicato sul blog. «La Padania mi attacca personalmente per la proposta di equilibrio nazionale, fatta nell'interesse del Paese, e dice che vogliamo togliere le risorse, il tesoro dei sindaci del Nord. Intanto - sottolinea il governatore - non sono del Nord o del Sud, ma dell'intero Paese». Poi invita, «ad evitare di parlare di stereotipi negativi e di un Sud sprecone. Questi soldi sono chiusi nei forzieri - aggiunge - ed è un delitto non spendere risorse che sono disponibili». Il governatore rimarca il fatto che comunque «sarebbero i soldi del Mezzogiorno, quelli che i cittadini del Sud, nella fiscalità generale pagano da anni per sostenere le pensioni di anzianità che vanno per 75% al Nord». Tra «tante bugie e attacchi inutili e pretestuosi da parte della Padania una cosa la dicono giusta: mi rimproverano di essere il presidente di Regione che difende come nessun altro gli interessi del Sud».

Napolitano terrorizzato dalle contestazioni! In Sardegna treni soppressi, perquisizioni sui pullman e perfino l’inno di Mameli salta per… motivi di sicurezza!

Resterà la visita delle proteste, dei cori ingiuriosi, delle contestazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non dimenticherà molto facilmente l’accoglienza che una parte della Sardegna gli ha riservato nella sua due giorni nell’isola. I giornali nazionali se ne sono accorti, ed è una notizia. Perché il tabù è stato violato. La figura del Capo dello Stato finora era sempre rimasta immune da contestazioni, oppure erano state ben celate dalla potentissima macchina del Quirinale. Stavolta no, stavolta non è stato possibile.
E che Napolitano temesse le contestazioni lo si capisce facilmente analizzando, a mente fredda, tre episodi avvenuti nel corso della sua giornata cagliaritana. Uno più inverosimile dell’altro.
Il primo ce lo racconta Sardegna Quotidiano di ieri. In un pezzo uscito a pagina 2 e dal titolo “La strana caccia al sulcitano”, il giornale ci informa che
“Dopo il blocco del corteo non autorizzato partito da piazzale Trento, alcuni manifestanti hanno cercato di raggiungere il Municipio (dove si trovava Napolitano, ndr) in pullman. Inutile: sono stati fermati da agenti della polizia saliti a bordo dei mezzi di linea e invitati a scendere, nonostante avessero in mano il biglietto”.
Gli agenti hanno chiesto i documenti a tutti i passeggeri per identificare chi veniva dal Sulcis. Scrive Sardegna Quotidiano:
“Giampaolo Muntoni, Giuliano Marongiu e Simona Pastorini sono indignati. “Ci hanno chiesto da dove venivamo e gli abbiamo risposto: Da Carbonia. A quel punto ci hanno fatto andare giù dall’autobus”.
Il secondo episodio ce lo racconta il sito Democrazia Oggi, che in un post di Andrea Pubusa dal titolo Presidente, anch’io sono “inkazzato”! si chiede
“Perché è stato soppresso il treno che da Carbonia-Villamassargia-Domusnovas e Siliqua porta a Cagliari? Perché è stata violata la fondamentale libertà di circolazione sancita dall’art. 16 della Costituzione? E con essa altri diritti costituzionali come la libertà di riunione e di manifestazione del pensiero? E tutto questo proprio davanti al Presidente della Repubblica che di queste libertà è il primo custode e garante. Si vuole mettere la mordacchia ad un’intera zona, la più povera d’Italia? Si vuol far tacere un’intera Isola?”.
Il motivo della soppressione del treno è semplice: anche in questo caso, si voleva evitare che dal Sulcis arrivassero centinaia di persone a contestare Napolitano, in quanto rappresentante dello Stato italiano.
Ma l’ultimo episodio è sicuramente il più paradossale. I giornali hanno evitato di approfondirlo, è proprio il caso di dirlo, per carità di patria. Lunedì mattina il presidente ha partecipato al Teatro Lirico ad un incontro sulla Sardegna e i 150 anni dell’Unità d’Italia. In programma era prevista anche l’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ma proprio lunedì l’Unione Sarda ci informa che “l’esecuzione dell’Inno di Mameli da parte del coro e dell’Orchestra del Teatro Lirico è saltato per motivi di sicurezza”.
Sì, avete capito bene: “motivi di sicurezza”. La versione ufficiale dice che sarebbe stato difficile gestire l’entrata e l’uscita del coro e dell’orchestra in teatro, che più di cento persone sarebbero dovute restare dietro le quinte per troppo tempo, e via cavillando. La verità “più” ufficiale è invece un’altra: pochi giorni prima della visita di Napolitano, il Quirinale ha preteso che le autorità politiche isolane garantissero che nessuno tra gli orchestrali e i cantanti avrebbe approfittato della situazione per protestare contro i tagli alla cultura e per spiegare in quale difficile situazione versi oggi il Teatro Lirico di Cagliari.
Ma questa garanzia ovviamente nessuno l’ha potuta dare, e così il Quirinale ha preferito fare a meno dell’Inno di Mameli! Straordinario, no?
L’inno ovviamente è stato eseguito regolarmente il giorno dopo a Sassari. Dove però non c’è una fondazione lirica, e quindi nessuno aveva niente da ridire sui tagli alla cultura da parte del governo.
Napolitano si è sorpreso delle contestazioni. Ha risposto a chi lo ha fischiato sia a Cagliari che a Sassari, affermando che lui non è il “rappresentante delle banche” (quello è Monti…) e che “non si contesta con grida futili”.
Sarà anche così. Ma che un Presidente della Repubblica arrivasse a temere un coro, un’orchestra e addirittura l’Inno di Mameli dà l’idea di quanto oggi la politica italiana sia terrorizzata dalle contestazioni, di quanto sia necessario continuare a far credere agli italiani che va tutto bene e che la situazione è sotto controllo. Anche a costo di bloccare treni, pullman e impedire l’esecuzione dell’inno nazionale. Manco fossimo nella Sudamerica degli anni ’70.

mercoledì 22 febbraio 2012

TERRONE - KALAFRO



OVUNQUE VADO MI CHIAMAN TERRONE.

Dedicato agli amici del Trota.

Pezzi di intonaco si staccano da affresco nel tempio di Giove a Pompei.

Alcuni frammenti di intonaco provenienti da un muro non affrescato, di colore grigio-bianco, sono caduti nel Tempio del Giove all'interno degli Scavi di Pompei. I frammenti sono stati già recuperati. Secondo quanto è stato reso noto, si tratterebbe di un danno non rilevante. Il distacco - ha reso noto la Soprintendenza di Pompei - riguarda un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro, ed è avvenuto «dal paramento esterno della parete orientale della cella del Tempio di Giove», che si trova nel Foro. Ad accorgersi della caduta dell'intonaco sono stati, ad ora di pranzo, alcuni custodi, che hanno avvertito il direttore del sito archeologico Antonio Varone. I restauratori della Soprintendenza sono intervenuti per raccogliere i frammenti, che «saranno presto assemblati e ricollocati in sito», afferma la Soprintendenza archeologica.


Il tempio di Giove è un famoso sito pompeiano risalente al II sec. a.C. e si trova nella zona del Foro. Danneggiato dal terremoto del 62, il suo restauro non era terminato al momento dell'eruzione del Vesuvio. Il pezzo di intonaco distaccatosi oggi era stato restaurato in epoca borbonica.

Il tempio presenta un alto podio, con scala d'accesso sulla fronte, sul quale s'innalza la cella preceduta da colonne e tripartita da colonnati a due ordini. Il nome deriva dalla statua di Giove di età sillana (80 a.C. circa) che custodiva, e della quale resta solo la testa conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Nella stessa epoca l'edificio fu trasformato in Capitolium e dedicato al culto della "Triade Capitolina" (Giove, Giunone, Minerva) simbolo della potenza di Roma. Il pavimento della cella era a rombi di pietra policromi, disposti ad imitazione di cubi prospettici (opus scutulatum). Il podio fu restaurato in età tiberiana (14-37 d.C.), quando pure fu sostituito il grande altare posto nel Foro in asse col tempio.

lunedì 20 febbraio 2012

Le vere ragioni dietro il trattato di libero scambio UE-Marocco

Sta tenendo banco in questi giorni nei paesi euromediterranei, il dibattito sull'accordo commerciale Agricolo tra Unione Europea e Marocco, che potrebbe essere approvato domani dal Parlamento Europeo. In pratica si tratterebbe di eliminare o ridurre fortemente i dazi per molte produzioni agricole scambiate tra Europa e Marocco.




Tenendo conto delle produzioni agricole marocchine a basso costo direttamente concorrenti delle nostre produzioni ortofrutticole Mediterranee, questo accordo sta destando grande preoccupazione nel Mondo Agricolo. Così i sindacati agricoli appaiono molto decisi nel denunciarne i rischi per la nostra agricoltura.
“E’ noto – scrive Guidi di Confagricoltura – e ribadito anche da atti del Parlamento Europeo, che il costo del lavoro in Marocco è molto più contenuto di quello medio europeo, ed in particolare di quello italiano, e che nel Paese l’applicazione dei diritti fondamentali ha ancora molte lacune e non ci sono garanzie che la sicurezza alimentare sia basata su principi e procedimenti del tutto analoghi ai nostri”.
Da più parti, in Italia, ci si appella agli europarlamentari italiani perché votino contro il trattato, in vista della seduta plenaria di domani.
Dando una occhiata alla notizia sulle fonti internazionali, ci si rende conto, che questo accordo con il Marocco è osteggiatissimo da Spagna e Portogallo (che se lo trovano molto più vicino) ed in parte anche dalla Francia, dove Bovè, il celebre agricoltore no-global, guida una crociata contraria, insieme alle associazioni di piccoli agricoltori francesi. In Spagna addirittura vi sono state manifestazioni di piazza di agricoltori andalusi che hanno inondato di pomodori, l'ufficio del Parlamento europeo, a Madrid.
Insomma uno schieramento contrario abbastanza nutrito. Ma allora perché questa decisione così contraria agli interessi di tanti agricoltori europei potrebbe andare in porto? Chi la sostiene?
Da qualche parte ho letto che favorirebbe le importazioni dei paesi continentali di prodotti Mediterranei. Potrebbe essere, ma allora perché il nostro Governo, almeno a leggere la nota di Confagricoltura, si è sinora dimostrato espressamente favorevole (ebbene si!) al trattato? "Per non creare un incidente diplomatico" si giustificano i nostri cari tecnici. Ma dobbiamo credergli? E che sarà mai questo Marocco, una potenza nucleare!
Poi leggo una intervista congiunta Bové-Muscardini, dove l'europarlamentare italiana centrista, si fa addirittura portavoce europea delle ragioni dell'accordo al grido: "Investimenti e sostegno finanziario Europei in Marocco".
Ma ancora non basta per giustificare una scelta così deleteria per l'economia agricola italiana. Così cercando ancora, ma nel campo marocchino questa volta, si trova la candida lettera che, il presidente dell’Istituto marocchino di relazioni internazionali (IMRI), Jawad Kerdoudi, invia a Bovè per giustificare le ragioni marocchine dell'accordo:
Le Maroc a scrupuleusement respecté ses engagements vis-à-vis de l’Union européenne, et c’est ainsi que le 1er mars 2012, tous les produits industriels européens entreront sur le marché marocain en franchise de droits de douane
Ovvero:
Il Marocco ha scrupolosamente rispettato i suoi impegni nei confronti dell'Unione europea, e così dal 1 ° marzo 2012, tutti i prodotti industriali europei potranno entrare nel mercato marocchino, liberi da dazi doganali.


Insomma è stato fatto uno scambio anche se nessuno lo dice apertamente: gli industriali Europei potranno liberamente esportare i loro prodotti così come giustamente il Marocco potrà rispettivamente esportare i suoi prodotti agricoli senza restrizioni doganali. Purtroppo noi, come agricoltori europei ed italiani in particolare, ci troviamo nella antipatica condizione di essere le vittime sacrificali del processo di globalizzazione in atto. Faccio mio l'appello di Guidi:
"si abbia quanto meno il coraggio di dichiarare apertamente che l’agricoltura non è un settore economico strategico per lo sviluppo del nostro Paese".
Risparmieremmo un sacco di tempo e di bile!


P.S.: Qualche giorno dopo la stesura frettolosa di questo post, ho trovato questo link, sul ruolo diplomatico attivo del governo Monti nella preparazione dell'accordo con il Marocco. E' datato peraltro 2 Febbraio 2012, precedente dunque alle inevitabili polemiche politiche che annacquano il dibattito attuale sulla vicenda.

venerdì 17 febbraio 2012

IL GENERALE DEI BRIGANTI

‎"Il silenzio di centocinquant'anni è peggiore di questa mia menzogna". mi rispose Paolo Poeti quando questa estate andai a trovarlo a Melfi mentre girava il film. Aveva tra i tanti libri ai quali si ispirava, anche la mia TRILOGIA SUL BRIGANTAGGIO. "Di più non posso fare credimi Vincenzo" mi disse. Ed io gli ho creduto. Sta a noi ora riuscire a valorizzare questa occasione che comunque c'é stata con quella fiction. Se sarete bravi riuscirete.
[Vincenzo Labanca, scrittore lucano, in un incontro col regista della fiction su Crocco.

La rete di giovani che farò nuovo il SUD (LINO PATRUNO)

di LINO PATRUNO.

Tutti a ridacchiare col film `Benvenuti al Nord”, dopo aver ridacchiato col precedente “Benvenuti al Sud”. Storie di pregiudizi fra terroni e polentoni in verità molto più vicini fra loro, a cominciare dai difetti. Ma pochi a conoscere il “Bentornati al Sud”, gruppo costituitosi in Internet e partendo da Lecce. Sono giovani meridionali andati via come altri per studiare fuori o a caccia di un lavoro, e tornati al Sud. E tornati per scelta, non nella disperazione di una sconfitta per un lavoro non trovato neanche lì. La scelta di inventarselo al Sud un lavoro, di non tradire se stessi e la loro terra, di poter dire che anche qui si può, e di dimostrarlo.

Sono finora una quarantina i componenti del gruppo, e in tutto il Mezzogiorno.

E così ecco nascere cooperative, e studi professionali, e piccolissime aziende, e partite Iva. Tutti sostenuti dal sacro fuoco della lotta e della scommessa. Magari ad arrancare e a faticare. Ma tutti con la ferma determinazione che indietro non si torna.

Ma c’è anche chi la propria terra non ha mai voluto lasciarla, e dichiarandolo, e organizzandosi insieme per riuscirci. Così ecco il “Noi restiamo in Calabria”, giovani e meno giovani che avevano tutti i motivi per abbandonare come tanti la regione più difficile d’Italia e hanno cercato di darsi altrettanti motivi per non farlo. E anche qui un fiorire spesso inaspettato di iniziative, molte legate all’antico rapporto meridionale fra l’uomo e la natura, l’ambiente come tesoro unico e irripetibile. Ma iniziative, sia chiaro, cui nessuno dà una mano, nella maledizione di burocrazie che ostacolano invece di favorire- E, purtroppo, nella maledizione dell’incendio doloso notturno, cui seguono solidarietà tanto untuose da sembrare altri incendi dolosi. Perché, per restare, si deve pagare anche un pedaggio.

Chi torna, chi resta. E chi continua ad andare. Gli ottantamila laureati o diplomali all’anno, quelli che il Sud paga col suo sangue per formare e istruire. E del cui talento, della cui cultura, del cui entusiasmo, della cui tenacia beneficia non il Sud che ne avrebbe più bisogno. Centomila euro ciascuno, è stato calcolato costare il loro famoso titolo di studio, altre risorse impiegate e perse dal Sud in un viaggio in grande maggioranza di sola andata verso altri lidi. E tutt’altro che candidati al posto fisso, che solo loro devono togliersi dalla testa nel Paese in cui è tutto fisso, dai politici ai privilegi. E un Paese in cui l’”ascensore sociale” consiste ancòra nel far diventare notaio e medico il figlio del notaio e del medico, non il figlio dell’operaio.

C’è chi parla di “tsunami sociale”, il Sud che non sarà più un Paese per giovani, sempre più da loro abbandonato, anzi già ora con meno figli che altrove. Ma c’è chi non considera solo un dramma i “piedi leggeri” dei giovani. Non un dramma nel tempo in cui si nasce col trolley alla mano. Nel tempo in cui con qualche decina di euro si va e viene da Milano. Nel tempo in cui il viaggio è il sistema circolatorio del pianeta. Nel tempo in cui la metà dei commerci internazionali si svolge via computer. Nel tempo in cui la rete di Internet ti fa stare al centro dell’universo pur restando a casa tua. Nel tempo dell’informazione globale che mette tutto a portata di tutti. E nel tempo in cui c’è chi va via per scelta, i “Terroni 2.0″ per il quali la casa è il mondo.

E’ un tempo in cui le radici non sono solo legate al filo d’erba, ma alla conservazione del modo di essergli figli, del proprio senso della vita nel dialogo e nel confronto con altri. Apertura come arricchimento non come pericolo. Altrimenti nuovi muri si alzano. Perciò forse i “nuovi meridionali” saranno il futuro del Sud e dell’Italia. Se viaggiano, non sono solo emigrazione. Certo, la maggior parte sono perduti, dobbiamo vederli mettere tailleur o cravatta altrove e tornare nei loro paesi di vecchi solo a Natale e a Ferragosto. Ma pur nell’esodo come dolorosa emorragia, sono sempre più quelli che restano, cominciano a contare quelli che tornano, sono unpossibile appuntamento di domani quelli andati via perché si va.

Hanno tutti la capacità di sofferenza di chi ha sempre dovuto superare più difficoltà di altri. E poi quelli che sono fuori, e sempre più spesso sentiamo dei loro successi: domani potrebbero mettersi tutti in rete con chi è restato e con chi è tornato, inventare una grande comunità non solo virtuale che inonda il Sud del loro talento ovunque sia. Perciò sono una buona notizia i “Bentornati al Sud”. Perciò sono una buona notizia gli “Io resto in Calabria”. Ma perciò non sono solo una cattiva notizia gli ottantamila all’anno col trolley. Perciò non sono affatto una cattiva notizia i “Terroni 2.0″. Chissà che per il Sud qualcosa non stia nascendo senza accorgersene.

Milano, capitale della 'Ndrangheta.

Facciamo un patto. Ma facciamolo sul serio: decidiamo che non ci sia concesso di dimenticarci le parole già dette su mafie, cittadinanze e socialità giù al nord. Che non ci sia bisogno ogni volta di un ripasso generale prima di ricominciare, che non è opportuno avere bisogno ad ogni giro di un riassunto delle puntate precedenti. Non per cominciare a dare qualcosa di scontato (non sia mai in questo tempo di concimazione dell’ignoranza per rendere malleabile il consenso) ma perché almeno non isoliamo i professori (cioè, quelli che professano valore), gli studiosi (quelli che analizzano prima di avventurarsi nelle più disparate tesi) e i cittadini per vocazione (quelli che non sopravvivono, ma vivono a costo di farsi male per tutti gli spigoli che ci sono intorno).

Ogni giorno che si sfoglia un giornale (o un sito o un blog: sono lo stesso affacciarsi su finestre diverse della stessa stanza) c’è un abbondanza di ridondandismi (non esiste ma rende bene l’idea) che distolgono dal punto e banalizzano per vanificare: le “infiltrazioni che stanno arrivando al Nord”, gli imprenditori che “finiscono per essere vittime senza accorgersene” o i politici “che non sapevano”. E allora ecco il perché del cappello obbligatorio a qualsiasi discorso o pezzo per riprendere le fila cominciando a smontare prima di avere il tempo e il terreno per montare un discorso che provi a guardare al presente e al futuro. La relazione annuale della DNA sul fenomeno della ‘ndrangheta è un pennarello blu sugli errori da non ripetere, una bacchettata sulle dita.

Soldi, radicamento e struttura. Il quadro investigativo e processuale complessivamente considerato evidenzia inequivocabilmente che la ‘ndrangheta è caratterizzata non solo da una illimitata disponibilità finanziaria (derivante principalmente dal traffico di stupefacenti e dai lucrosi investimenti immobiliari e di imprese già rilevati ed evidenziati nella precedente relazione, ma anche da una allarmante e provata diffusione territoriale che non conosce confini; le indagini dispiegate negli ultimi anni denunciano una “presenza massiccia” nel territorio che non trova riscontro (rectius: possibilità di comparazione) nelle altre organizzazioni mafiose. L’organizzazione si avvale di migliaia di affiliati che costituiscono presenze militari diffuse e capillari ed, al contempo, strumento di acquisizione di consenso, radicamento e controllo sociale. Quindi basta con le ipotesi di brigantaggio evoluto. Per favore, basta con le proiezioni di qualche rurale malfattore. A Milano Dalla Chiesa, Barbacetto, Portanova e tanti altri lo dicono da qualche decennio. Diamolo come concetto digerito e inamovibile.

Qui, lì, dappertutto. Le indagini dell’operazione Crimine 1 e Crimine 2 consentono di radicare, altresì, il fermo convincimento che il processo di internazionalizzazione dell’organizzazione in parola è vieppiù progressivamente avanzato: alla presenza in terra straniera di immigrati calabresi “fedeli alla casa madre” ed operativi (sul piano degli investimenti e del riciclaggio di profitti illeciti) si è aggiunta una strutturale presenza (militare e strategica) di soggetti affiliati a “locali” formati ed operanti stabilmente in terra straniera che, fermo restando il doveroso ossequio alla “casa madre”, agiscono autonomamente secondo i modelli propri dei locali calabresi autoctoni. Il disvelamento di organizzati locali in Germania, Svizzera, Canada ed Australia (si vedano gli arresti colà eseguiti in esecuzione delle ordinanze Crimine) conclama vieppiù detto processo di progressiva globalizzazione della ‘ndrangheta che, da fenomeno disconosciuto (o, per meglio dire sottovalutato), può oggi essere considerata una vera e propria “holding mondiale del crimine”. Siffatti mutamenti ontologici dell’organizzazione in esame sono stati, indubbiamente, favoriti ed accelerati dalla “nuova generazione” di ndranghetisti che, pur conservando il formale rispetto per le arcaiche regole di affiliazione, oggi non sono solo in grado di interloquire con altre ed altre categorie sociali, ma anche di mettere a frutto le loro conoscenze informatiche, finanziarie e gli studi intrapresi. Basta con il federalismo antimafia. Le regioni non esistono più sullo scacchiere delle ‘ndrine. E’ un federazione di luoghi oliata e perfetta. Il provincialismo (che è enormemente diverso dall’attenzione per i territori) antimafioso è un condono morale che lasciamo ai barbari sognanti.

Politica mafiosa, mafia politica, imprenditoria mafiosa, mafia imprenditrice. E’ bene, quindi, rilevare ed evidenziare che gli allarmanti (rectius: inquietanti) rapporti intrattenuti con rappresentanti delle istituzioni, con politici di alto rango, con imprenditori di rilevanza nazionale (disvelati da numerose indagini dispiegate in varie regioni nel corso del periodo in esame) non sono soltanto frutto esclusivo del clima di intimidazione e della forza intrinseca del consorzio associativo, bensì il risultato di una progettualità strategica di espansione e di occupazione economico-territoriale, che, oramai, si svolge su un piano assolutamente paritario; rapporti con istituzioni ed imprese volto ad intercettare flussi di denaro pubblico, opportunità di profitti e, contestualmente, ad innestare nel libero mercato fattori esterni devianti (di nitida derivazione criminale e di inquinamento economico), ma tendenti verso una nuova fase di legittimazione imprenditoriale e sociale idonea a conferire un grado di “mimetismo imprenditoriale” e ciò allo scopo evidente di eludere le indagini patrimoniali ed assicurare, nel tempo, stabilità economica alle attività imprenditoriali. Detto fenomeno è ancor più evidente nel nord-Italia ove la ‘ndrangheta opera in sinergia con imprese autoctone o, in talune occasioni, dietro lo schermo di esse. Esiste, a ben vedere, una nuova generazione di criminali calabresi che “si muovono a una velocità diversa rispetto alla tradizione dei giuramenti, dei riti e delle formule di affiliazione”. L’intensa e straordinaria attività di indagine dispiegata dalla DDA di Reggio Calabria, Catanzaro, Milano, Roma e Torino ha, vieppiù, evidenziato le “due nature” della ‘ndrangheta: l’una, quella militare, volta all’acquisizione di poteri di controllo territoriale e sociale e, l’altra legata in modo indissolubile alla prima, la ‘ndrangheta “politica” ed imprenditrice che intesse rapporti con uomini politici, favorisce ed agevola in modo interessato, “cariche politiche” ovvero instaura rapporti economici con realtà imprenditoriali esistenti sul territorio al fine di fagocitarle e/o inglobarle. ‘Ndrangheta, politica e imprenditoria non si incrociano per caso e non sono vittime una dell’altra: convergono (c’è un bel libro di Nando Dalla Chiesa che si intitola, indovina un po’, ‘La Convergenza’).

Milano è la capitale della ‘ndrangheta. Lo diceva già Vincenzo Macrì, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e lo ripete l’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia: I dati di un recente studio del Centro di ricerca della Università Cattolica individuano nella città di Milano la “capitale economica del crimine organizzato”, la città ove operano “i manager delle cosche”: il numero di beni immobili e mobili confiscati nonché di imprese mafiose operanti in vari settori (appalti pubblici, edilizia, movimento terra, turistico-alberghiero e ristorazione) in Lombardia conclamano l’importanza della regione quale luogo eletto di reinvestimento di profitti illeciti delle organizzazioni criminali italiane ed il ruolo assolutamente egemone della ‘ndrangheta. Chi nega o non ne vuole parlare è ignorante e cretino.

L’antimafia si fa ovunque. Dice la Relazione della DNA che il grado di attenzione ed informazione sull’evoluzione del fenomeno ‘ndrangheta, sulla pericolosità di essa, sulla sua potenza economica nonché sulla pervasiva presenza su tutto il territorio nazionale ha raggiunto, nel periodo in esame, livelli insperati e comunque idonei a rendere partecipe l’opinione pubblica della gravità sociale ed economica dell’agire criminale dell’organizzazione. Orbene siffatto mutamento di rotta informativa non è da ricondurre soltanto all’eclatanza dei gesti intimidatori commessi in danno di magistrati, professionisti, giornalisti (di cui si è detto sopra), ma anche, e soprattutto, a due diversi fattori: da un lato l’intensità del contrasto ed i “successi investigativi” e processuali che hanno dato corpo ad una palpabile presenza dello Stato e delle sue Istituzioni e, dall’altro lato, ad una “sorta di risveglio della coscienza civile”, ossia una marcata e consapevole presa di posizione civica che lascia intravedere l’inizio di una strenua lotta culturale ed etica volta al riscatto ed alla progressiva emarginazione del “cancro sociale” che ha attanagliato da decenni la Calabria. Le numerose manifestazioni di solidarietà a Magistrati ed alle instancabili Forze di Polizia, le iniziative culturali, i dibattiti di cui la stampa nazionale ha dato contezza e rilievo fanno intravedere la concreta possibilità di una presa di coscienza collettiva che fa ben sperare per il futuro e, comunque, fanno intravedere un percorso di contrasto più articolato che si congiunge con quello tracciato dalla Magistratura che non può essere delegata in modo esclusivo. Ognuno fa la sua parte. Ognuno gioca il proprio ruolo senza timidezze e fanatismi.

Queste le righe in blu e gli errori in rosso che ci vengono riconsegnate. Così almeno con più memoria si scrivono i prossimi capitoli. Non tanto perché sia un “compito in classe”, almeno per non perdere troppo tempo a smentire le bugie e perché la ‘ndrangheta su al nord è già più nazionalpopolare nell’instillare la distrazione di un comizio leghista ben detto, ma se si rimane fermi sulla grammatica della memoria viene tutto più semplice. E perché come dice Piercamillo Davigo “è l’oblio dei misfatti che lentamente consuma la libertà delle istituzioni”.

I LUCANI urlano Mo Basta

Una manifestazione organizzata per sabato 25 febbraio
BASILICATA
“Mo Basta!”
È l’urlo di indignazione che centinaia, o forse migliaia di lucani, lanceranno alle autorità regionali durante la manifestazione organizzata a Potenza per sabato 25 febbraio.
Organizzatori dell’evento sono le associazioni La Locomotiva, Ribelli Web, Indignati Lucani, MTAB, Ehpa e Briganti, che da tempo stanno mostrando sensibilità per le tematiche ambientali lucane e per il diritto alla salute in Basilicata.
Proprio per salvaguardare il diritto alla salute la cittadinanza si trova oggi a dover fronteggiare mostri ecologici da tempo taciuti e non contrastati dagli Enti locali.
Fenice, Eni, Itrec…sono solo alcune parole chiave dell’inquinamento che attanaglia la nostra terra.
La manifestazione di Potenza servirà per dire “Mo Basta” ai rifiuti tossici pericolosi inceneriti in una struttura, come Fenice, che ha già gravemente inquinato le falde acquifere (certificato anche dalle indagini e dai recenti provvedimenti giudiziari).
“Mo Basta” allo stupro del territorio da parte delle compagnie petrolifere, distributrici di tumori ma non di ricchezza.
“Mo Basta” alle scorie nucleari a Rotondella, alla cementificazione dei rifiuti radioattivi ed ai permessi di VIA.
Le associazioni Insieme per la Rinascita, B.R.I.O. Brillanti Realtà in Osservazione, MaterAzione ed Alternativa Basilicata esortano i cittadini tutti a partecipare a questa importante manifestazione, un’ opportunità di coesione del popolo lucano a difesa della propria salute.
I manifestanti si riuniranno alle ore 9,00 di sabato 25 febbraio in Piazza Bologna a Potenza per sfilare sino in Piazza Don Bosco ove si terrà un dibattito ed un concerto di gruppi musicali locali. La fine della manifestazione è prevista per le ore 13,00.

«Sanremo discrimina gli alluvionati del Messinese»: allarme di Grande Sud

La denuncia del parlamentare in seguito all’invito dal palco dell'Ariston ai telespettatori a inviare un aiuto economico per le popolazioni alluvionate della Liguria


Saponara distrutta dall'alluvione (Ph. Villari)

MESSINA – «Non esistono vittime di serie a e vittime di serie b. La Rai sta compiendo una discriminazione». Lo afferma, in una nota, il parlamentare nazionale di Grande Sud, Francesco Stagno d'Alcontres, chiedendosi come mai «dal palco dell'Ariston si invitano i telespettatori a inviare un aiuto economico per le sole popolazioni alluvionate della Liguria, dimenticando quelle del messinese che hanno vissuto la medesima, se non superiore, tragedia».

BENEFICENZA REGIONALIZZATA - «Sanremo è uno spettacolo internazionale - continua - visto da milioni di telespettatori in tutto il mondo, pertanto regionalizzare la beneficenza è un errore al quale bisogna porre rimedio fin da questa serata. Bisogna dare l'opportunità a tutti di godere della beneficenza richiesta attraverso un così importante momento di spettacolo».

giovedì 16 febbraio 2012

Il Garibaldi brigante

‎"Mio nonno tornato a Caprera, si indignò talmente tanto dello sfruttamento del Meridione da parte della nuova Italia, che andò a combattere con i Briganti".

Anita Garibaldi (pronipote di Giuseppe Garibaldi)

Inchiesta su«l'Avanti», de Gregorio indagato per truffa e false fatturazioni L'inchiesta sull'erogazione di oltre 23 milioni di euro dal 1997 al 2009 a titolo di contributi per l'editoria

NAPOLI - Il senatore del Pdl Sergio de Gregorio è indagato per truffa e false fatturazioni nell'ambito dell'inchiesta sui finanziamenti al quotidiano l'Avanti.

L'indagine condotta dai pm di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock ha portato ad alcune perquisizioni e sequestri: tra l'altro sono stati sequestrati dei container con documenti del senatore de Gregorio che restano tuttavia sigillati in attesa dell'autorizzazione del Senato sulla richiesta di perquisizioni.

De Gregorio è indagato in concorso con il direttore dell'Avanti, Walter Lavitola. L'inchiesta riguarda l'erogazione di oltre 23 milioni e 200 mila euro in un arco di tempo che va dal 1997 al 2009 a titolo di contributi per l'editoria. L'erogazione, secondo l'accusa, sarebbe avvenuta facendo ricorso a fatture per operazioni inesistenti e documenti che attestavano, contrariamente al vero, che la società editrice, la International Press, possedeva i requisiti sulla tiratura delle copie vendute. Pertanto, il Dipartimento per l'Editoria sarebbe stato indotto in errore in quanto erano state comunicate vendite in blocco o mediante strillonaggio del quotidiano, in realtà mai effettuate. (fonte Ansa)

Pdl, a Salerno iscritti anche i morti

Disposto il sequestro di 26 mila tessere
Le indagini potrebbero essere estese anche a Napoli
Nitto Palma sdrammatizza: i congressi restano


SALERNO - Under 14 (cioè al di sotto dell'età prevista dallo statuto), persone decedute o completamente all'oscuro della propria adesione al Pdl. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Salerno sospettano che anche questo sia accaduto durante la frenetica campagna di adesione al partito da Scafati a Sapri. E, se i riscontri già in corso sulle tessere sequestrate due giorni fa dai carabinieri del Ros nella sede romana del Pdl dovessero confermare i sospetti che hanno fatto scattare le indagini, si potrebbe arrivare all'estensione delle indagini stesse anche alla provincia di Napoli. Sono state 26mila le adesioni raccolte a Salerno, numeri d'altri tempi, che riuscivano, forse, a raggiungere solo i grandi partiti di massa negli anni d'oro della prima repubblica, ma che sembrano in contraddizione palese col vento dell'antipolitica che spira forte ormai da anni. L'attenzione dei magistrati si sarebbe concentrata soprattutto sul tesseramento effettuato nell'Agro nocerino, una zona calda, già finita nel mirino per l'inchiesta «Linea d'ombra», un'indagine sul presunto scambio di voti tra politici e camorristi, nel cui ambito è stato ritenuto necessario l'arresto dell'ex sindaco di Pagani e consigliere regionale Alberico Gambino, sempre del Pdl.

Pare anche che siano già state inviate alcune informazioni di garanzia. Naturalmente nel pdl, il garantismo è la linea obbligata da seguire. «Pur non conoscendo le motivazioni di tale disposizione — affermano a proposito del sequestro i coordinatori provinciali del Pdl salernitano Antonio Mauro Russo e Antonio Iannone — nutriamo piena fiducia nell'operato della magistratura. Se le indagini dovessero evidenziare eventuali presenze di mele marce, saremmo i primi a plaudire all'iniziativa. È forte in noi la convinzione di essere persone perbene che sono tra persone perbene. Il Pdl salernitano ha una classe dirigente e una base sane che non possono essere macchiate da comportamenti individuali». L'inchiesta sulle iscrizioni al partito potrebbe avere conseguenze sulla celebrazione del congresso provinciale. In base ai numeri, il gioco sarebbe in mano al presidente della Provincia Edmondo Cirielli, il cui schieramento è largamente maggioritario. Molto meno vasto il pacchetto riconducibile in qualche modo all'ex ministra Mara Carfagna.

Sul tesseramento del Pdl aveva espresso alcune perplessità il governatore Stefano Caldoro. Di fronte all'impressionante numero di adesioni raccolte dal partito campano, l'inquilino di Palazzo Santa Lucia aveva commentato: «L'organizzazione del consenso in un partito non si costruisce con il tesseramento o soltanto con esso. Di certo, non è utile a selezionare una nuova classe dirigente, anche se un milione e mezzo di adesioni sono un segnale di partecipazione che va raccolto. Il rischio di infiltrazioni improprie esiste in alcune aree del territorio, ma è un rischio che corre chiunque ricorra alle adesioni. Per l'organizzazione del consenso sarebbe importante pensare a una nuova forma di rappresentanza».

Ora, dopo il sequestro, il deputato salernitano Pasquale Vessa confida di essere d'accordo col governatore. «In realtà — afferma — ero da sempre contrario alle tessere che non aiutano la selezione della classe dirigente. E, coerentemente con questa convinzione, ho sottoscritto solo la mia. magari avrò anche incoraggiato qualche amico a iscriversi al Pdl, ma poi, non ho nemmeno controllato se lo ha fatto davvero. La mia posizione coincide con quella di Caldoro». Last, but non least il commissario regionale del Pdl Francesco Nitto Palma che, da un lato, cerca di ridimensionare gli effetti politici dell'iniziativa della magistratura, dall'altro, assicura che la stagione congressuale a meno di clamorose e imprevedibili sorprese «non dovrebbe slittare».

L'ex Guardasigilli ricorda: «Sia la dirigenza nazionale del partito che il sottoscritto abbiamo sempre subordinato la celebrazione dei congressi alla verifica del tesseramento. naturalmente avremmo potuto effettuarla solo con gli strumenti formali a nostra disposizione. Del resto, è naturale che la celebrazione dei congressi stessi sia successiva alla pubblicazione degli elenchi degli iscritti. Ora siamo di fronte a questa iniziativa della magistratura salernitana. Il procuratore Roberti, che conosco dal tempo della Direzione nazionale antimafia, è persona di grande esperienza e affidabilità. Per noi ulteriori verifiche rappresentano una garanzia. Ma se, per ipotesi, si scoprisse che un tale ha tesserato un morto o un calciatore che non conosce nemmeno il Pdl, questi avrebbe solo regalato al partito 10 euro visto che gli iscritti irregolari non potranno mai votare. Nei congressi non ci saranno deleghe, si voterà singolarmente».

Sulle perplessità espresse a suo tempo da Caldoro, Palma commenta: «Stefano non è mai stato favorevole al tesseramento. Ma le possibilità sono due. O si celebra il congresso o decide uno solo: la democrazia ha un prezzo». E sui congressi conclude: «Ho già inviato a Roma la proposta. Se non sarà il 3 e il 4 marzo, sarà il 10 o l'11».

Angela Cappetta
Gimmo Cuomo

Gianluca Pini deputato leghista "evasore a sua insaputa"

Tutto parte da un accertamento fiscale sulla Nikenny Corporation Srl, che commercia un pò di tutto, dalle apparecchiature elettroniche al caffé al ginseng. La società risulta aver evaso il fisco sui redditi dichiarati per circa due milioni di euro, utilizzando fatture per attività inesistenti: nel 2004 fatture per un milione e 400mila euro emesse dalla Tech-Line srl, nel 2003 per fatture emesse dalla Full Service per 600mila euro.
La Nikenny vede come azionista di maggioranza Gianluca Pini, deputato leghista (autore dell'emendamento tanto discusso slla responsabilità civile dei magistrati) con il 40% del capitale. L'amministratore unico della società (e quindi penalmente responsabile) è Alessia Ferrari, socia al 30%. L'altro 30% se lo dividono altri due leghisti del consiglio provinciale della Lega a Piacenza.
Il processo penale andrà in prescrizione, visti i tempi, ma ci sono i soldi evasi da pagare al fisco. E sono tanti! Così improvvisamente la Nikenny Corporation viene svuotata: i contratti principali, come quello del caffé, passano a una nuova società, la Gold Choise Europe srl, di cui stavolta Pini è anche amministratore oltre che socio di maggioranza. Così lo Stato si trova creditore di una scatola vuota, a meno che la guardia di finanza non faccia un pò di accertamenti sulla nuova società... Una furbata neanche tanto nuova.
Oggi Pini si agita e protesta, dice che lui "non ne sapeva niente", sostenendo che nella vecchia società non aveva potere decisionale e respnsabilità legale. Vero solo per quest'ultima cosa (la responsabilità penale é dell'amministratore unico) ma non per il ruolo e per il potere decisionale: il deputato Pini usava carta di credito e macchina della società, sua era la firma sul contratto più importante, quello del caffé, tanto che ha potuto agevolmente passarlo alla nuova società. E quando si trattava di cambiare la vecchia amministratrice (evidentemente scontenta) ci ha messo niente a sostituirla con un nuovo amministratore e commissario liquidatore per la Nikenny Corporation. Inutile perfino sottolinearlo: anche il nuovo commissario liquidatore è della Lega...

Sequestrate tessere Pdl false provincia di Salerno

Venticinquemila tessere del Pdl della provincia di Salerno sono state sequestrate ieri nella sede nazionale del partito a Roma dal Ros dei carabinieri. L’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Salerno riguarderebbe in particolare il tesseramento in tre comuni: Nocera Inferiore, Nocera Superiore e Pagani – dove gli iscritti sono poco più di tremila – e il ruolo svolto da alcuni dirigenti del partito e da alcuni sostenitori nell’acquisire le tessere e i fondi usati per pagarle. Nell’inchiesta sarebbe coinvolto anche il proprietario di un’importante società sportiva. Non si conoscono i reati per i quali indagano i magistrati dell’antimafia. Il blitz arriva all’indomani dell’annuncio della data del congresso provinciale, in calendario sabato 3 e domenica 4 marzo insieme con le assemblee di Caserta, Avellino e Benevento. Soltanto a Napoli il congresso provinciale si terrà una settimana dopo, tra 10 e 11 marzo. Difficile prevedere cosa succederà adesso. L’ultima parola spetterà al segretario politico Alfano e al commissario regionale Nitto Palma. Di certo, i numeri del tesseramento avevano fatto gridare al miracolo in provincia di Salerno. L’obiettivo della vigilia, infatti, era chiudere oltre quota tredicimila, raggiunto e superato, addirittura doppiato.
Le tessere raccolte dalla componente di maggioranza vicina al presidente della Provincia di Salerno Cirielli sono più o meno ventiduemila, mentre l’area che fa riferimento al’ex ministro Carfagna avrebbe messo insieme tremila adesioni. Ma se dall’Agro nocerino sarnese e – un po’ a sorpresa – dal Cilento sono arrivate risposte oltre le aspettative, il radicamento nel capoluogo, in proporzione, resta debole. A Salerno città, infatti, l’ala Cirielli ha raccolto meno di tremila tessere, poche in confronto agli exploit dei comuni vicini. Solo a Cava de’ Tirreni, ad esempio, sono state sottoscritte 2.300 domande. E ancora, 1.500 iscrizioni sono state siglate a Nocera Inferiore, 1.300 a Sarno, 1.200 a Scafati e a Nocera Superiore. Non ha superato quota mille, invece, Battipaglia, ferma a poco più di 800 adesioni. In linea Capaccio, dove sono state raccolte tra le 800 e le mille tessere, mentre Eboli non è andata oltre quota 600. E se Campagna e Mercato San Severino hanno portato a Roma 400 domande ciascuno, Vallo della Lucania s’è fermata a 300. Proprio dal Cilento e dal golfo di Policastro, però, è arrivato il dato politicamente più importante. Perché nell’area sud della provincia di Salerno sono state sottoscritte 5mila tessere. Un record. Tutte queste tessere, però, adesso sono state sequestrate dal Ros dei carabinieri su ordine dell’antimafia. Nel mirino ci sono soprattutto i pacchi consegnati nell’area tra Nocera Inferiore, Nocera

mercoledì 15 febbraio 2012

Ministeri al nord, il governo: sedi chiuse Lega: sarà guerra senza quartiere

ROMA - E' durata meno di 12 ore la tregua della Lega Nord con il governo Monti: dopo il plauso per la bocciatura della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020, è di nuovo guerra tra il Carroccio e l'esecutivo. A scatenare la rabbia dei leghisti è la definitiva chiusura delle rappresentanze ministeriali al Nord, sedi volute fortissimamente dalla Lega e inaugurate in pompa magna la scorsa estate dai vertici delle camice verdi. «E' l'ultima goccia che il popolo del Nord ha dovuto subire - attacca Roberto Calderoli - D'ora in poi sarà guerra senza quartiere».

Giarda: sedi chiuse e restituite ai proprietari. La chiusura delle rappresentanze aperte presso la reggia di Monza è definitiva e operativa da quando si è insediato il nuovo esecutivo. Addirittura, spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, in occasione di un question time, dal giorno «del giuramento del nuovo governo». Ora l'immobile, che era stato messo a disposizione dei ministeri a titolo gratuito, è tornato nella piena disponibilità dell'ente proprietario. E, spiega Giarda, «gli uffici competenti della presidenza del Consiglio hanno provveduto tempestivamente a far cessare l'operatività delle sedi attraverso la dismissione di tutte le utenze e il ritiro di quanto vi era stato destinato, come i beni mobili».

La reazione della Lega è immediata. «Questo governo ancora una volta prende a schiaffi il Nord privandolo di quella minima rappresentatività derivante dai ministeri decentrati di Monza» si lamenta Calderoli che, tuttavia, non si stupisce. «Non c'era altro da aspettarsi da un presidente come Mario Monti, nato in provincia di Varese, residente a Milano, che a precisa domanda della stampa dichiara di abitare a Roma e a Bruxelles, rinnegando pubblicamente le proprie origini...».

La posizione di Palazzo Chigi. La notizia della chiusura delle sedi è arrivata in seguito ad interrogazione dell'Idv ma tutto il processo ha origine da una causa di lavoro. La presidenza del Consiglio dei ministri è stata infatti condannata lo scorso 9 novembre per comportamento antisindacale proprio a causa dell'apertura di queste sedi. Lo scorso 9 febbraio, tuttavia, sempre Palazzo Chigi ha rinunciato ad opporsi a questo decreto del Tribunale di Roma perché nel frattempo era cessata l'operatività delle sedi. Giarda stesso ha spiegato che il governo considera «cessata la ritenuta condotta antisindacale» in quanto le sedi sono di fatto «non più operative dal momento dell'insediamento del governo Monti». Tanto più che «nessuna unità di ruolo di comando o comandata ha mai preso servizio presso le sedi distaccate dei dicasteri».

La dichiarazione di guerra della Lega al governo è ora totale. Francesco Speroni, capogruppo del Carroccio a Strasburgo, ha oggi attaccato il premier per il recente viaggio in Usa da quelli che definisce «maestri di quella finanza che ci ha ridotti nello stato che i cittadini Ue e di Eurolandia ben conoscono, a partire dai portafogli. Ho ancora il dubbio se Monti, a Wall Street, abbia incontrato i suoi complici o i suoi padroni».

Monti ironico su Speroni: intervento filosofico. «Mi riservo di poter esaminare nel testo trascritto, per la complessità dei punti filosofico-sistemici che l'intervento presenta, le parole che l'on. Speroni ha voluto indirizzarmi e delle quali lo ringrazio vivamente» ha detto Monti ironizzando sull'intervento di Speroni in sede di replica nell'emiciclo della plenaria a Strasburgo.