venerdì 24 febbraio 2012

Il 25 febbraio a Potenza “Mo’ basta”, manifestazione organizzata da alcune sigle della società civile per mettere al centro dell’attenzione la difesa dell’ambiente e della salute dei lucani. In testa al corteo il tenente Giuseppe Di Bello

«In Basilicata si sta giocando una partita durissima, una partita di libertà: a fronte di una superficie di 9.942 kmq, tra istanze già concesse di Titoli Minerari e le nuove richieste di concessione, vogliono imporre alla Basilicata ben 6.260 km quadrati di estrazione, bel 2/3 del territorio oggetto di ricerca, estrazione e stoccaggio. I nuovi titoli minerari ammontano a 2489 km quadrati e nessun Ente, nessun partito di maggioranza o di opposizione si è sentito in dovere di far rispettare la Convenzione di Aarhus, il diritto del popolo ad esprimersi, il diritto di conoscere quello che accade, di prendere parte attiva ai processi decisionali. Tutti hanno le mani in pasta, nessuno vuole farsi sfilare la torta da sotto il naso. Per questo la differenza la possiamo fare solo noi, gente comune ed associazioni».
Sono questi i motivi alla base della manifestazione “Mo’ basta” organizzata per il prossimo 25 febbraio a Potenza (concentramento a Piazza Bologna alle ore 9,00, poi corteo fino a piazza Don Bosco, infine comizio e concerti dalle 10,30) da alcune sigle della società civile lucana per mettere al centro dell’attenzione le ripercussioni delle vecchie e nuove estrazioni petrolifere in Valdagri. In testa al corteo ci sarà il tenente Giuseppe Di Bello, da tempo impegnato sui temi della difesa dell’ambiente e della salute. «La nostra grande ricchezza è l’ambiente, è la produzione alimentare ed agricola, il turismo. Il petrolio – dice Di Bello – in 15 anni ha ridotto la Basilicata a regione più povera d’Italia, con la più alta percentuale d’Europa di emigrazione, tanto che siamo passati da 630mila a 530mila abitanti».

Tenente, dunque: occhi aperti sulla Valdagri?

Il Centro Oli di Viggiano nella primavera dello scorso anno ha raddoppiato la capacità di desolforazione del greggio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa i limiti di emissioni di idrogeno solforato tollerabili per l’uomo in 0,005 parti per milione, gli USA in 0,001. In Italia il limite è stato fissato a 30 parti per milione, e cioè 6.000 volte più dell’Oms, 30mila volte più degli Usa. Ricordiamo che questo Centro Oli è nelle immediate prossimità di centri abitati, costituendo di fatto un pericolo per la salute pubblica e per l’incolumità delle persone, oltre ad essere fonte di inquinamento per l’ambiente circostante. Va detto che la Regione Basilicata ha una estensione di 9.942 kmq, ed i petrolieri tra permessi di ricerca approvati ed estrazioni già in corso hanno 3.712 km quadrati, cui vanno ad aggiungersi 2489 km quadrati di nuove richieste. Per un totale 6.260 km quadrati di territorio lucano, vale a dire oltre 2/3, che saranno oggetto di ricerca, estrazione lavorazione e stoccaggio.

I movimenti hanno più volte ricordato che si deve parlare, in generale, di emergenza ambientale in Basilicata. Perchè?

Perché non c’è solo la Valdagri e il petrolio. Non dobbiamo dimenticare la mattanza che c’è in Valbasento, dove si continua a morire per i danni prodotti dall’industria che lavorava le micidiali fibre d’amianto producendo Eternit, e dove il territorio è inquinato da decine di discariche ancora da bonificare. Vogliamo portare al centro dell’attenzione la questione Itrec/Enea di Rotondella dove è stato concesso il via libera per il deposito di terra ferma delle scorie nucleari ed il trattamento con la cementazione delle scorie. C’è l’inquinamento del suolo nell’area industriale di Tito, una bomba ecologica dal potenziale devastante, che ha raggiunto le falde acquifere e che sembra sia arrivato nel fiume Basento.


Quindi, “Mò basta”. A chi o a cosa?

Alla scarsa trasparenza delle istituzioni lucane preposte alla gestione ambientale del territorio, come l’Arpab, vedasi i recenti fatti di cronaca sulla questione “Fenice” e disastro ambientale che ha visto agli arresti l’ex Direttore Generale ed il Coordinatore dell’Ente. Diciamo basta all’incapacità delle istituzioni di affrontare tempestivamente le situazioni a rischio ambientale, talora sottovalutandole, come nel caso della proliferazione dell’alga rossa nell’invaso del Pertusillo, attribuita dall’Arpab a fattori climatici anziché inquinanti, cui si aggiunga la presunta violazione del DM 60/2002 relativo all’inquinamento da biossido di azoto (NO2) in Valdagri, nell’area industriale di Viggiano, nel periodo giugno-luglio 2009, evidenziato dai dati forniti da Metapontum Agrobios sul proprio sito internet;

Bisogna cambiare strada. Ma come?

Bloccando altre autorizzazioni per ricerca, estrazione, stoccaggio e in terra di Basilicata. Rispettando la Convenzione di Aarhus da parte dello Stato, delle istituzioni lucane e delle multinazionali che operano qui, al fine di garantire la dovuta trasparenza sulla gestione ambientale del territorio e il diritto alla salute, che in Basilicata appare meno tutelato che in altre regioni d’Italia. Vogliamo che lo Stato, la Regione Basilicata e le multinazionali operanti sul nostro territorio risarciscano al popolo lucano il danno patrimoniale di salute e ambientale, derivato dalla mancata o scorretta attuazione proprio della Convenzione ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge 108/2001.
Infine, chiediamo che il ristoro per la popolazione debba essere adeguato, con royalty non inferiori al 50% ed il recupero dei gas che non devono essere bruciati, perché tale pratica è vietata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità da più di 20 anni. Quei gas vanno recuperati e dati ai cittadini ed alle imprese per uso gratuito come riscaldamento e acqua calda.

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