venerdì 27 aprile 2012

La paginetta che manca per rimetterci in moto (Lino Patruno)


Metti che tu sia il responsabile di un’azienda in crisi. Cosa fai per rimediare? Senza indebolire i prodotti che vanno, cerchi di rafforzare quelli che non vanno. Cioè cerchi di partire dai punti deboli.
Ma l’Italia no. Ha l’economia del Nord già ampiamente sopra la media nazionale, anzi a volte sopra la media europea: non può fare di più, è sfiatata nonostante tutti i vantaggi di cui ha goduto e che ne hanno spinto il successo insieme alle sue grandi capacità. Spesso non ne ha addirittura gli spazi, se non vuole continuare a piantare capannoni violando la natura che alla prima pioggia si vendica. Poi vai al Sud e vedi quanto si può fare. Un qualsiasi Paese intelligente direbbe: puntiamo tutto qui. Terre vergini come la corsa verso il West che ha fatto grande l’America.
C’è un dato sul Sud che la dice lunga. E’ il tasso di occupazione: le persone che lavorano rispetto alla popolazione complessiva. Al Sud il venti per cento in meno rispetto al Nord. E non perché preferiscano squagliarsi al sole. Ma perché si priva ancòra il Sud dei mezzi per favorire la produzione e il lavoro. Così il Nord continua a lamentare di dover reggere tutta la baracca. E il Sud continua a vedersi accusare di essere parassita. Due ragioni contro: crimine contro l’Italia.
Al Sud servono anzitutto infrastrutture: e invece gli tolgono i treni. Serve una burocrazia che faciliti invece di ostacolare: e invece ci vogliono anni per una autorizzazione. Serve una lotta costante alla criminalità: e invece in troppo territorio lo Stato è assente. Serve utilizzare bene i soldi: e invece molti amministratori spendono più per prendere voti che per creare sviluppo. Il Nord, per la verità, è ogni giorno uno scandalo e una tangente: più ci sono soldi, più abbondano gli sporcaccioni. Ma non consola.
Al Sud serve in conclusione una paginetta sulla quale ci sia scritto: occorre questo e quest’altro, noi dobbiamo fare questo e quest’altro, da grandi vogliamo essere questo. Soprattutto ora che, dopo oltre due secoli di epicentro del mondo nel Nord freddo e produttivistico senza socialità e senza umanità, l’ombelico si sposta a Sud. Verso il Mediterraneo.
Ma dal Sud quella paginetta da tempo non arriva. C’è stata, all’indomani della guerra, quando tutto c’era da ricostruire, la spinta dei meridionalisti. Mai il Sud è cresciuto come allora, benché molto meridionalismo si sia preoccupato soprattutto di far arrivare denari comunque, e i governi anche (tipo la complicità per Gioia Tauro: mille miliardi per una acciaieria che non ne ha prodotto un grammo perché l’acciaio era già troppo).
Dopo di che, l’unica idea di Sud partita dal Sud è stato il “pensiero meridiano” del sociologo barese Franco Cassano: il Sud non come problema ma come risorsa proprio partendo da quelli che si voleva far passare come suoi difetti. Poi il silenzio, riempito dal piccolo cabotaggio dei lamenti e dei fondi da spendere per l’oggi senza pensare al domani. Non uno straccio di altro. Ciò che ha consentito alle politiche nazionali di favorire costantemente il Nord facendo finta di pensare al Sud.
Ora solo i distratti possono ignorare ciò che avviene in questi mesi in Italia. Grandi manovre della politica per uscire dalle sue macerie. Partiti che si vergognano tanto di se stessi (almeno si spera) da cambiare addirittura il nome. Ipotesi di alleanze che mutano da un minuto all’altro. Corruzione e furti come al tempo di Tangentopoli. Lega Nord ladrona dopo essere nata per moralizzare gli altri. Una nuova legge elettorale che faccia il miracolo di convenire a tutti e di mettere fine alla guerra civile quotidiana del bipolarismo. Scomposizione (anzi decomposizione) per ricomporsi chissà come.
Ma nel frattempo, per coprire il debito, tasse che a furia di scorticare la pecora la faranno schiattare. Una recessione affrontata più togliendo soldi alla gente che dandoglieli per far crescere l’economia. E, come sempre nella storia, sul malcontento e sulla disperazione il proliferare di populismi dell’ “a morte tutti”, in Italia come in Francia e in Olanda (dimenticando quei due signori che da noi e in Germania qualche decennio fa cavalcarono la protesta e precipitarono il mondo).
Nessuno però, in questa depressione collettiva da crescita perduta, che volga lo sguardo a Sud, unica oasi di una possibile ripartenza. E, meno che mai, nessuno che dal Sud sia capace di agganciarsi ai lavori in corso con una voce, una proposta, una possibile soluzione. Sud come sempre assente nell’ora della storia. Anzitutto con i suoi politici. Ma anche con gli altri suoi dirigenti. Tanto muti quanto stremati dove è sempre tutto più difficile.
C’è un Sud produttivo ignoto anche a se stesso e senza il quale l’Italia non sarebbe comunque fra i primi dieci Paesi della Terra. Bisognerebbe ricominciare tutto da Sud: ma chi lo fa capire, chi lo dice?
da: La Gazzetta del Mezzogiorno del 27 aprile 2012
www.ondasud.it

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