sabato 26 maggio 2012

I FISCHI “DI PANCIA” POSSONO DIVENTARE FISCHI “DI TESTA”


BREVE PREMESSA PERSONALE: gentile onorevole, il suo è un ottimo spunto che sottolinea l'ennesimo provvedimento discriminatorio del regime coloniale adottato dolosamente per strangolare l'economia campana, ma si chiara una cosa: nel nuovo, eventuale, soggetto politico non ci sarà spazio né pietà per chi ha appoggiato, per 20 anni, il governo padano. Il termine massimo per pentirsi è già scaduto da un pezzo e riciclati non ne vogliamo. C'è gente che lavora seriamente da anni nella lotta di decolonizzazione e che merita rispetto, ergo NIENTE MICCICHè di contrabbando!


On. Marcello Taglialatela

Attenzione! I fischi “di pancia” possono diventare “fischi “di testa”. Mi spiego. L’episodio che ha visto protagonisti i tifosi del Napoli domenica scorsa all’Olimpico – e le prevedibili polemiche seguite – impongono una riflessione che va ben al di là del comportamento sportivo e del doveroso senso di rispetto verso l’inno della Repubblica Italiana.

I “fischi di pancia” levatisi nello stadio hanno, a mio avviso, un duplice significato. In primis evidenziano un clima di insofferenza rispetto a posizioni anti Napoli, non solo in senso calcistico, ma anche geografico, sociale, razziale. E sono, se visti in una prospettiva più ampia, un appello fortissimo, una richiesta di cambiamento che non può più attendere. Cambiamento nelle scelte politiche, nell’analisi attenta e non superficiale delle comunità del Sud, di quella campana in particolare, di quella napoletana, soprattutto.

Fissati questi come “assiomi” della mia riflessione, il ragionamento che propongo è semplice. Chi ha sottolineato in maniera negativa i fischi all’Inno deve chiedersi quali saranno gli effetti che le mancate compensazioni imposte alla Campania avranno sulla classe imprenditoriale regionale, quell’insieme di operatori di ogni ramo chiamati a collaborare con lo Stato per creare adeguate condizioni di sviluppo. Una scelta così dura, così difficile da digerire, non può non provocare una ulteriore frattura fra la politica e la società in tutte le sue componenti. Perché, se i primi ad essere penalizzati saranno gli imprenditori, i lavoratori dovranno sopportare conseguenze ben più gravi.

Ha fatto bene, allora, Stefano Caldoro a guidare la rivolta delle regioni del Mezzogiorno contro questa decisione assurda che, tra l’altro, penalizza un governo regionale che continua ad essere accusato di “rigore eccessivo” mentre nulla si fa pagare ai responsabili dei conti in rosso della decennale gestione bassoliniana.

Dalla riflessione passo ad un’analogia che contiene “in nuce” un nuovo progetto politico. Tutti coloro che danno un giudizio negativo della Lega Nord, tuttora capace di creare condizionamenti sulle azioni di governo in base al pur legittimo diritto di tutelare la propria appartenenza territoriale, non dovranno meravigliarsi se al Sud nascerà una forza politica fondata sul principio della difesa e della valorizzazione territoriale. Un soggetto politico nuovo che affondi le proprie radici nell’identità e nella storia di Napoli e di tutto il Sud. Una forza sociale e meridionale.

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